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(docente di disegno e storia dell'arte nelle sezioni E ed F)
Nel giorno in cui la scuola si ferma, per permettere a studenti e docenti di partecipare ad una cerimonia religiosa in memoria della docente Boutet, voglio esprimere brevemente il ricordo che di lei mi è rimasto.
Voglio farlo anche perché non sarò presente alla cerimonia che si terrà oggi in orario scolastico, e sotto forma di rito cattolico.
Abbiamo lavorato negli stessi consigli di classe per più di 10 anni.
A me ha sempre fatto l'impressione di essere molto generosa con gli studenti, non per debolezza (vi sono stati anche rapporti duretti, con qualche classe), ma per una specie di istinto ad incoraggiarli. Negli anni dei sei e dei sette in pagella, lei già dispensava i nove e i dieci. Non so come spiegarmi, ma non la ho mai considerata faciloneria, perché in altri casi invece sapeva irrigidirsi.
Con due ore di insegnamento per classe, con improbabili programmi sterminati che a me solo a pensarci avrebbero fatto venire il panico, aveva trovato il modo di fare un po' di tutto: millenni di storia dell'arte, e una serie incredibile di elaborati grafici (da assegnare, raccogliere, valutare, archiviare) che si portava dietro a pacchi con la sua andatura faticosa.
E come se non bastasse, accompagnava in giro le classi a vedere mostre e monumenti; le faceva partecipare (e non di rado premiare) ogni anno a non so quanti concorsi. Stimolava a sperimentare forme espressive e materiali nuovi. Anche la sua attenzione nel mettere in mostra le opere dei suoi studenti su tutti i muri del Liceo la ho sempre considerata una forma pedagogicamente intelligente, poco costosa ma efficace, di valorizzazione e di stimolo.
Secondo me un segno lo ha lasciato.
Della sua attività di artista non so quasi nulla, ma ho avuto occasione di avere fra le mani (su floppy disk, per risistemarlo tecnicamente), il catalogo delle sue opere (centinaia) e l'elenco dei premi e dei riconoscimenti che ha collezionato. Ricordo che mi ha meravigliato, lì per lì, il fatto che avesse come una seconda vita fuori dalla scuola; eppure nella scuola c'era molto: arrivava alla mattina non di rado prima di me; e tutti sappiamo che si offriva sistematicamente come commissario interno per gli esami di maturità.
E non aveva nessuna aria di voler mollare: l'ultima volta che abbiamo parlato appena a lungo, era sulle prospettive del nuovo esame di stato, alla luce della esperienza di quest'anno.
E' stata a scuola fino a qualche
giorno prima di morire. Ci ha lasciato mentre era in servizio. Per un insegnante,
difficile pensare un modo migliore di congedarsi.
E da ultimo, voglio dire ancora questo:
Io ritengo che non vi siano mai circostanze eccezionali nelle quali sia lecito mettere da parte tutto ciò che crediamo giusto, onesto e ragionevole. Anche perché la morte, come la vita, non sarebbe corretto considerarla una circostanza eccezionale.
Perciò, chiudendo, vorrei dire con semplicità, senza spirito alcuno di polemica, che forse Vittoria Boutet non avrebbe chiesto la sospensione delle lezioni per vederci riuniti nel suo ricordo, perché credeva nella funzione della scuola, pur vivacizzata da mille iniziative che ne rompevano la possibile monotonia.
E, per quello che io so, nella sua illuminata tolleranza forse avrebbe preso in considerazione il suggerimento di non convocarci ad un rito confessionale, poiché la morte, come la vita, sono esperienze che vanno al di là di qualunque appartenenza religiosa, e sono proprie di ogni essere umano degno di questo nome.
Roma 8 ottobre 1999
francesco dentoni - docente
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