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I.R.C. parliamone: non nuoce alla salute

 
 


Progetto di riflessione e di ricerca sull’Insegnamento della Religione Cattolica nella Scuola Pubblica
della Classe 5F del Liceo Scientifico Statale M. Malpighi di Roma 1996/97
Chiunque può intervenire con osservazioni e contributi che saranno inglobati nelle edizioni successive
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(versione 2.0 : 1.1.1998)


DOCUMENTO CONCLUSIVO n. 1 : AREA STORIA E DIRITTO
 
 

documento approvato il 10.5.1997 dagli studenti della Classe 5F del Liceo Scientifico Statale M. Malpighi di Roma. Presenti (su sedici) e votanti 13, voti a favore 11, voti contro 1, scheda bianca 1. La raccomandazione 1.2.3. è stata sottoposta a votazione separata e non è risultata approvata


Sommario del documento conclusivo n. 1:

CONCLUSIONI

RACCOMANDAZIONI

1.1. CONCLUSIONI

1.1.0. Dalla lettura dei documenti giuridici, in particolare alcune sentenze che contengono anche ampie ricostruzioni storiche, abbiamo ricavato i seguenti dati e le seguenti idee di fondo:

Dall'unità d'Italia (1861) al secondo Concordato (1984)

1.1.1.1. Fino al 1948 (Costituzione della Repubblica Italiana) lo Statuto Albertino del 1848 considerava la religione cattolica apostolica romana come religione di stato. Quindi ne parlava chiamandola semplicemente "religione", dal momento che era "la" religione dello stato.

1.1.1.2. L'insegnamento della religione (=cattolica), dall'unità d'Italia al 1888 era obbligatorio, ma veniva impartito solo nell'educazione elementare. Questa obbligatorietà scomparve dal 1888, fino al 1923 (l'insegnamento "di religione" veniva istituito a spese dei comuni solo se i genitori ne facevano richiesta).

1.1.1.3. Gentile (primo governo fascista), nel 1923 reintrodusse obbligatoria la religione (=cattolica) nella scuola elementare, indicandola come "fondamento e coronamento dell'istruzione elementare" : l'idea (hegeliana) era che la religione fosse una sorta di "filosofia per i più piccoli", destinata a venire superata, nell'istruzione superiore, dalla filosofia vera e propria (che sarebbe espressione in concetti delle stesse verità che la religione esprime in modo immaginifico).

1.1.1.4. Nel 1929 Mussolini e Pio XI stipularono il Concordato, col quale sostanzialmente la Chiesa diede il suo appoggio al regime fascista, sperando di averne in cambio un certo margine di privilegi e illudendosi (tesi di Scoppola) di potere così cristianizzare, da tale posizione di privilegio, lo stato italiano. Per quanto riguarda la scuola, l'insegnamento della religione (=cattolica) fu allargato dalla scuola elementare a quella superiore, conservando ed estendendo a tutta l'istruzione (non più solo quella elementare)la formula "fondamento e coronamento".

1.1.1.5. Dal 1948 in poi, la Repubblica Italiana non ha più alcuna religione di stato: comunque si è dovuto aspettare il 1984 perché si togliesse questa espressione "religione di stato" dal Concordato del 1929, che l'accordo DC-PCI fece inserire di peso nella Costituzione (art. 7).

1.1.1.6. Nel 1984 (Craxi-Casaroli) il Concordato del 1929 è stato rivisto : si è formalmente preso atto che non esiste nessuna "religione di stato" e si sono in sostanza ribadite le norme sull'insegnamento della religione cattolica, che per l'occasione è stato allargato anche alla scuola materna. La vera, dirompente novità in proposito è la introduzione del principio che i genitori o gli studenti stessi non fossero obbligati a seguire l'insegnamento della religione cattolica, e nemmeno dovessero chiedere una "dispensa" o un "esonero": si introdusse cioè il principio della libera scelta.

Dibattito giuridico dal 1984 al 1991

1.1.2.0. Tuttavia questo principio di libertà (la libera scelta), certamente moderno, ed oggi riconosciuto anche dal mondo cristiano, è stato sottoposto ad una serie di limitazioni, nel senso che le norme pratiche per l'applicazione del Concordato del 1984 hanno ridimensionato molto il principio della libera scelta e della assoluta non discriminazione fra chi chiede di avvalersi e chi non chiede di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica.

1.1.2.1. Per prima cosa, il governo cercò di affidare il diritto di scelta se avvalersi o no dell'IRC ai genitori, con l'eccezione degli studenti maggiorenni (praticamente solo l'ultima classe delle superiori), ma il parlamento intervenne con un'apposita legge che assicura il diritto di scelta a tutti gli studenti delle superiori, indipendentemente dall'età.

1.1.2.2. Contemporaneamente, il Ministero ha previsto una serie di "attività alternative" per coloro che non chiedevano la religione cattolica: così i "non avvalentisi" sono stati indirizzati a delle attività che non avevano scelto . E nel giro di qualche mese fu chiaro (Circolare Falcucci) che quelle attività alternative erano obbligatorie. Quindi la scelta libera non era più fra avvalersi o no dell'insegnamento della religione cattolica, ma fra avvalersi dell'IRC o delle attività alternative. Dal punto di vista tecnico saltò fuori la teoria, sostenuta dal Ministero, che l'IRC non era "facoltativo" (lo voglio, non lo voglio) , bensì "opzionale" (o voglio quello o voglio un'altra cosa). Queste attività alternative rese obbligatorie, però, non furono organizzate con gli stessi mezzi, strumenti, tempestività, chiarezza di programmi, che era riservata all'IRC. Gli studenti che non chiedevano l'IRC non sapevano che attività alternative avrebbero dovuto seguire l'anno successivo.

1.1.2.3. Vi fu un ricorso al TAR del Lazio che con due sentenze annullò la circolare Falcucci, affermando che durante l'ora di IRC gli studenti non avvalentisi potevano uscire di scuola; ma il Ministero (che nel frattempo, per obbedire ad alcune clausole della sentenza del TAR, per stemperare le polemiche, per l'oggettiva difficoltà di organizzare le attività alternative, e anche per non creare indebita concorrenza con l'IRC fornendo attività alternative troppo appetibili, aveva introdotta anche la possibilità dello "studio individuale" o comunque della "semplice presenza nei locali scolastici, senza allontanarsene" ) fece ricorso al Consiglio di Stato, che nella attesa delle proprie decisioni emanò una ordinanza sospensiva degli aspetti più innovatori delle sentenze del TAR del Lazio.

1.1.2.4. Il Consiglio di Stato in una famosa sentenza (i cui argomenti sono citati fino ad oggi nel mondo della scuola) diede completamente ragione al Ministero e confermò come obbligatorie le "attività alternative". Abbiamo casualmente scoperto (e questo è quasi uno scoop), che il cuore della motivazione di quella sentenza è stato di peso copiato da un articolo risalente al 1985 scritto da Giuseppe Dalla Torre, presidente dei Giuristi Cattolici Italiani.

1.1.2.5. Ma un pretore di Firenze aveva fatto nel frattempo ricorso alla Corte Costituzionale, la quale in una famosa sentenza del 1989 mise in chiaro il carattere laico dello stato italiano, sostenendo che nella Costituzione non è presente solo il principio della libertà di religione, ma anche il principio della libertà dalla religione, e che questo carattere di laicità dello stato fa parte dell'impianto portante della Costituzione . Di conseguenza, coloro che non scelgono l'IRC non possono essere costretti ad obbligo alcuno.

1.1.2.6. Sembrava finita, ma il Ministero non si arrese: fingendo di adeguarsi a questa sentenza della Corte Costituzionale, introdusse fra le varie opzioni riservate ai non avvalentisi (attività alternative, e studio individuale) anche la opzione "nessuna attività", spiegando poi, dopo tre giorni, che quella formula non comportava la possibilità di uscita da parte dello studente, bensì solo "studio individuale senza assistenza del personale docente".

1.1.2.7. Fu necessario un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale , che contro gli argomenti del Ministero (il quale aveva parlato di un "monte ore" che tutti gli studenti devono fare e al quale si sottrarrebbero gli studenti non avvalentisi), ribadì esplicitamente che lo studente che non si avvale dell'IRC non è tenuto a nulla, e quindi se vuole può uscire.

1.1.2.8. Possiamo concludere che solo faticosamente, dopo 7 anni, con la sentenza della Corte Costituzionale del 1991, è stata effettivamente riconosciuta in linea di principio la libertà degli studenti nei confronti del volere o no l'insegnamento della religione cattolica.

1.1.2.9 Per completare il senso complessivo di questa ricostruzione storica, è utile forse ricordare alcuni aspetti giuridici di contorno, che non sempre sono noti, e che danno il senso di quali garanzie il Vaticano con il Concordato del 1984 ed i vescovi italiani con l'Intesa Poletti-Falcucci hanno chiesto al parlamento italiano e al governo italiano, ed il senso di quali concessioni il parlamento ed il governo italiani hanno pensato di fare ai vescovi italiani:

a) l'intero carico economico dell'insegnamento della religione cattolica è sostenuto dallo stato italiano; una nostra fonte parla di circa 1000 miliardi annui

b) i vescovi hanno diritto di indicare quali sono i docenti ai quali il Provveditore darà l'incarico di insegnare l'IRC nella scuola pubblica. Nessun insegnante di IRC potrà mai essere nominato se non è gradito alla conferenza episcopale italiana. Come è noto, invece, vi sono molti docenti nella scuola pubblica che non sono delle stesse idee del ministro che li ha nominati o del Provveditore che li ha incaricati, e questo si considera elemento di sana democrazia. In qualunque momento risultasse che un docente di IRC non è in linea con le dottrine della chiesa cattolica, la conferenza episcopale italiana lo può rimuovere, senza che lo stato possa in alcun modo intervenire

c) il governo ha riconosciuto ai vescovi italiani il diritto unico ed insindacabile di decidere quale insegnamento è o meno conforme alla dottrina cattolica

d) gli studenti di IRC non possono venire accorpati fra varie classi, anche quando fossero, in una classe, in numero ridottissimo. Al limite, se in tutte le 50 classi del nostro liceo un solo studente per classe si avvalesse dell'IRC, essi non potrebbero venire riuniti (ad esempio in tre classi), ma si dovrebbero fare 50 ore di lezione settimanali, una per ciascuno studente isolato; e la spesa per lo stato italiano sarebbe la stessa, come se dell'IRC si avvalessero tutti i 1000 studenti del nostro liceo

Problemi giuridici rimasti dopo il 1991

1.1.3.0. Ma anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 1991 molti altri problemi restano, sempre in linea di principio:

1.1.3.1. La normativa attuale, a parole non discriminante per nessuno ("senza che alla scelta segua alcuna forma di discriminazione"), in realtà è ambigua: infatti come promettere non discriminazioni per nessuno quando l'IRC è all'interno dell'orario scolastico? Con tale normativa, o si emargina per principio l'IRC all'inizio e alla fine, e allora si sentono discriminati i docenti e gli studenti di IRC, ai quali si è promesso che in linea di principio l'IRC è nel normale orario scolastico; oppure non si discriminano gli studenti avvalentisi, e allora sono discriminati gli studenti non avvalentisi, i quali possono solo sperare di non avere interruzioni di orario (cioè "buchi").

1.1.3.2. Per la verità, esiste poi una serie di Leggi (non di Circolari) che vengono ignorate, e che stabiliscono questo: nel compilare l'orario scolastico, se vi sono studenti avvalentisi e non, l'orario deve essere compilato in modo tale da non risultare discriminante per i non avvalentisi (quindi tale normativa di legge è a tutela esplicita dei non avvalentisi): in concreto dovrebbe significare che, sebbene in linea di principio l'IRC possa essere collocata in qualunque posizione oraria, se vi sono studenti non avvalentisi, deve essere collocata in modo che detti studenti non abbiano a soffrirne (e in quale altro modo se non ponendola alla prima o all'ultima ora?). Questa legge è ampiamente ignorata: al massimo si afferma di seguirla solo nella misura del possibile; eppure non dice "si faccia il possibile per...", bensì proprio: "Per dare reale efficacia all'attuazione di tale diritto [libertà di coscienza]... si provvede a che l'insegnamento religioso.... non abbia luogo... secondo orari che abbiano per detti alunni [non avvalentisi] effetti comunque discriminanti".

Comportamenti di fatto

1.1.4.0. Vi è poi i capitolo dei comportamenti di fatto, quelli concreti e minuti, quando si tratta di applicare le norme di principio. Questi sono più frammentati, meno documentabili (perché si presentano sempre come casi singoli), ma sono poi il volto concreto dell'azione delle istituzioni scolastiche. Eppure, anche essi possono essere ricondotti ad alcune linee generali, che sembrano difficilmente negabili:

1.1.4.1 Nel migliore dei casi, e cioè quando nel compilare l'orario scolastico le autorità scolastiche cercano di diminuire e ripartire i disagi, è assolutamente implicito che i disagi vanno ripartiti, in quanto inevitabili, fra i non avvalenti; ma nessuno assume mai l'ottica (che dovrebbe essere quella di un uguale trattamento in linea di principio) che i disagi vadano distribuiti fra avvalenti e non avvalenti: non si conoscono casi nei quali si sia presa in considerazione anche solo l'eventualità di spartire i disagi fra avvalenti e non avvalenti (esempi concreti al punto successivo).

1.1.4.2. Vi è un documentabile rifiuto a pensare un orario che non sia punitivo per gli studenti che non si avvalgono dell'IRC: ad esempio, nel nostro Liceo, in alcune classi del biennio (dove quasi tutti i giorni l'orario è costituito da quattro ore) si potrebbero collocare le lezioni tra la seconda e la quinta ora, raddoppiando così le prime e le ultime ore di lezione nelle quali poter collocare l'IRC (sarebbero prima ed ultima ora di lezione non solo la prima e la quarta, ma anche la seconda e la quinta) . Questa pigrizia di non voler nemmeno mettersi a tavolino per studiare il problema è fin troppo sospetta, se la si mette a confronto con le operazioni di ingegneria oraria che vengono escogitate giorno per giorno in caso di assenza dei docenti (la tale classe anticipa la tale ora ed esce alla tale ora; la talaltra classe entra alla seconda ora, mentre i maschi entrano alla terza, ecc. ecc.: e nessuno obietta alla confusione, al caos, all'andirivieni: sono tutti problemi che sorgono solo quando c'è di mezzo l'IRC).

1.1.4.3. Nell'immaginario della scuola (anche di questa scuola), gli studenti non avvalentisi sono ancora considerati creatori di complicazioni e problemi, persone disimpegnate che approfittano delle leggi per fare meno scuola.

1.1.4.4. Nella scuola si continuano a ripetere le affermazioni della sentenza del Consiglio di Stato (disimpegno, monte ore, ecc.), facendo finta che esse non siano state sbugiardate da due sentenze della Corte Costituzionale; e si ignora totalmente il principio della laicità dello stato, come enunciato dalla Corte Costituzionale.

1.1.4.5. Nella scuola si continua ad indicare, nel linguaggio parlato ma anche negli atti pubblici, l'insegnamento della religione cattolica come "religione", come se fosse ovvio che la religione cattolica è "la religione", e dando per implicito che coloro che non "fanno religione" siano "senza religione" (il che è certamente offensivo nei confronti di coloro che professano una religione diversa da quella cattolica); ed è chiara, in tale modo di esprimersi, la nostalgia (gravemente anticostituzionale) per uno stato confessionale, nel quale la religione cattolica è la religione.

1.1.4.6. Di fatto, gli studenti non avvalentisi sono da molti indizi considerati studenti di serie B: negli orari scolastici, viene tranquillamente scritto che alla ora tale c'è IRC (il che è falso, se non vi è specificato "solo per chi ne ha fatto richiesta"); e quindi lo studente non avvalentesi si trova semplicemente e totalmente ignorato, da quella scuola che pure avrebbe il dovere di non discriminarlo. La minore dignità con cui vengono pensati gli studenti non avvalentisi risulta anche da dettagli piccoli ma sintomatici: nel nostro istituto, nel 1988-89, c'era una classe in cui ben più di metà non si avvalevano dell'IRC (e invece facevano lettura del quotidiano come attività alternativa, sotto la guida di un docente di Storia); ebbene, era la maggioranza non avvalentisi a lasciare la classe e a rifugiarsi in una auletta piccolissima, mentre i pochi che seguivano l'IRC rimanevano nella loro classe. Ognuno può capire chi era considerato "figlio della serva" e chi "figlio della donna libera" .

1.1.4.7. Oggi ci si è accorti che gli studenti delle superiori, a mano a mano che crescono acquistano maggiore autonomia e tendono a scegliere di non avvalersi, mentre quando sono piccoli, spaesati, e provenienti dalle medie (ove a scegliere sono i genitori) scelgono con più facilità l'IRC. Quindi si è introdotta in molte scuole la prassi (dietro sollecitazione della conferenza episcopale italiana) che la scelta venga richiesta solo al primo anno e venga automaticamente rinnovata, a meno che sia lo studente a farsi parte diligente, andare a chiedere il modulo, e presentarlo per cambiare la scelta. Fino a qualche anno fa, invece, era norma che il modulo venisse consegnato a tutti ogni anno, e chi voleva lo riempiva e lo consegnava al momento della iscrizione per cambiare o rinnovare la propria scelta: e questa è non poca differenza.
 
 

1.2. RACCOMANDAZIONI

Raccomandazione 1.2.1. A tutti.

Correggete il vostro immaginario

Non pensate agli studenti che non si avvalgono dell'IRC come a quegli sfaticati che vogliono fare un'ora di scuola in meno. Correggete il vostro immaginario. Pensate piuttosto a coloro che scelgono l'IRC come a quegli studenti così interessati a temi confessionali che chiedono di fare un'ora di scuola in più.

Raccomandazione 1.2.2. Agli studenti.

Scegliete con consapevolezza

La scelta se avvalersi o no dell'Insegnamento della Religione Cattolica deve essere sempre più frutto di libera convinzione, e di sereno esercizio delle proprie facoltà. E' una scelta seria, che deve avere alla base motivazioni serie. Lo studente deve riflettere che:

a) vi sono certamente pessimi motivi per scegliere l'IRC

b) e ci sono ottimi motivi per scegliere l'IRC c) e vi sono certamente ottimi motivi per non scegliere l'IRC d) così come vi sono certamente pessimi motivi per non scegliere l'IRC

Raccomandazione 1.2.3. Agli studenti che scelgono l'IRC.

Nessuna raccomandazione specifica

Raccomandazione 1.2.4. Ai genitori.

Aiutate i vostri figli a scegliere con la massima consapevolezza, e ricordate loro, di anno in anno, che hanno sempre il diritto di rinnovare o modificare la scelta.

Raccomandazione 1.2.5. Ai genitori.

Esercitate il controllo, all'interno dei Consigli di Classe, e del Consiglio di Istituto, sul rigoroso rispetto delle leggi e sulla correttezza dei comportamenti in materia di IRC: perché solo una scuola rigorosamente democratica e sincera può essere una scuola che educa ai valori.

Raccomandazione 1.2.6. Alle Istituzioni scolastiche.

Spiegateci apertamente una volta per tutte per quale motivo siete così ostinatamente di parte. Spiegateci perché preferite che gli studenti scelgano l'IRC. Spiegateci quali istruzioni segrete avete ricevuto dall'alto; quali interessi nascosti state proteggendo; quali progetti non detti state perseguendo, tutte le volte che cercate di forzare le leggi in direzione di favorire l'IRC ed ignorare, emarginare coloro che dell'IRC non si avvalgono. E pubblicate una dichiarazione in questi termini: "Studenti: se avete avuto in passato l'impressione che la istituzione scolastica preferisse l'avvalersi dell'IRC piuttosto che il non avvalersi, sappiate che l'istituzione scolastica non ha invece alcuna preferenza".

Raccomandazione 1.2.7. Alle Istituzioni scolastiche.

Osservate le leggi che esistono e non siate di parte.

Raccomandazione 1.2.8. Alle istituzioni scolastiche.

Se vogliamo offrire un insegnamento religioso, non può essere confessionale.

Se la Scuola Italiana pensa che la tradizione culturale religiosa dell'umanità non sia sufficientemente documentata dalle altre materie (storia, letterature, filosofia, geografia, arte ecc. ), e pensa perciò che sia necessario un insegnamento di cultura religiosa, esso non può essere di carattere confessionale (cioè legato ad una ortodossia, ed appaltato a delle associazioni religiose), e deve riguardare le varie espressioni religiose dell'umanità, nell'ottica di una sostanziale non confessionalità, e di una convivenza delle diversità.
 
 
 

[Fine del documento conclusivo n 1: Area Storia e Diritto]


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