Pagina Web di F. Dentoni - home


I.R.C. parliamone: non nuoce alla salute

10. Materiali per l'Area Teologia


Progetto di riflessione e di ricerca sull'Insegnamento della Religione Cattolica nella Scuola Pubblica
della Classe 5F del Liceo Scientifico Statale M. Malpighi di Roma 1996/97
Chiunque può intervenire con osservazioni e contributi che saranno inglobati nelle edizioni successive
Indice generale | Composizione Classe 5F | Comitato promotore | Raccomandazione generale


Sommario di questa sezione

Esplorazione e picchettamento della AREA 5 ("teologia") (docente F. Dentoni)

Considerazioni sulle sei "aiuole" dell'area "teologia" (stud. S. Ruggieri)

Considerazioni sulle "aiuole" dell'area "teologia" (stud. F. Concetti)

Considerazioni sulle "aiuole" dell'area "teologia" (stud. V. De Filippis)

Riflessioni di uno studente (stud. G. Tolu)



il docente Dentoni solleva alcuni temi per fare decollare la riflessione sulla area 5 (Telogia):

giugno 1996, con ultimi ritocchi 4.10.1996

Esplorazione e picchettamento della AREA 5 ("teologia")

Suggerimenti da Dentoni.



Suggerisco sei "aiuole" nel quale ho seminato alcune domande come spunto di riflessione.

Direttamente o indirettamente, la risposta a queste domande finisce per costruire anche un atteggiamento complessivo rispetto alla presenza dei cattolici nella cultura e nella società, e quindi fornisce le basi per una valutazione della presenza dell'IRC nella scuola italiana, che è il nostro tema specifico.
 
 

5. [TEOLOGIA] Dal punto di vista della fede cristiana

1. I cristiani e la ricerca di un riconoscimento giuridico da parte dello stato

Possiamo dare per scontato che i cristiani non si considerano, nella società, cittadini di serie A, che godano di particolari diritti. Si sentono cittadini come tutti gli altri, con gli stessi diritti di tutti gli altri.

Per prima cosa possiamo chiederci: questo è veramente scontato? o forse i cristiani pensano che questo sia vero in alcune circostanze (ad esempio dove loro sono minoranza), e non in altre circostanze (ad esempio dove loro sono maggioranza: nel qual caso possono chiedere che le leggi pubbliche rispettino certe loro esigenze)?

Secondo problema:

a) quando i cristiani chiedono alla società delle leggi su misura per loro (insegnamento nella scuola, finanziamenti, ecc), chiedono dei favori o chiedono quello che loro spetterebbe di diritto?

b) se chiedessero (e ottenessero) dei favori dallo stato, i cristiani non rinunzierebbero a quella funzione critica che è tipica di molta tradizione evangelica? non dico che apertamente ci sarebbe un palese scambio di favori (la storia comunque lo insegna a tutti, credenti e non credenti): ma anche solo il lasciar dire allo stato: "Io ho il consenso da parte dei cattolici", è una strumentalizzazione della fede piuttosto sconveniente, da un punto di vista cristiano. O no?

c) se invece i cristiani nel chiedere delle leggi in loro favore non fanno altro che pretendere ciò che loro spetta di diritto, allora il problema della lettera b) è molto ridimensionato. Però ci si può chiedere: questi diritti che i cattolici chiedono per sé, non spettano forse anche a tutti gli altri uomini (ad esempio ad ogni altra religione)? E allora perché chiedere per sé soli, o a titolo di cattolici, quello che spetta a tutti? Non sarebbe più corretto chiederlo insieme, lasciando da parte la propria bandiera particolare? E anzi, non sarebbe più conforme allo spirito evangelico quello di chiedere prima per gli altri, e solo alla fine per sé quello che di diritto spetta a tutti i cittadini, secondo una morale che è anche umana (prima metto in salvo gli altri, e poi penso a mettermi in salvo io)?
 
 

2. I cristiani e la guida della società

I cattolici possiedono dei principi per fare andare la società meglio di quanto non siano capaci di fare i non cattolici?

Se sì: quali sono questi principi? Sono dei principi migliori rispetto agli altri cristiani (luterani, calvinisti, ortodossi...)? I cattolici riconoscono a dei non cristiani la capacità vera e piena di fare andare bene una società? Storicamente parlando, quando i cristiani hanno guidato la società, hanno fatto meglio degli altri?

Scopo dei cristiani è di costruire su questa terra il Regno di Dio? o di collaborare con tutti gli altri, alla pari, a costruire una convivenza umana?

I cristiani, in questo mondo, hanno un loro scopo particolare da raggiungere? Se è così (e cioè se perseguono degli scopi specifici loro), potranno mai essere elemento di convivenza, e non forse, necessariamente, di conflitto? Se non è così (e cioè se cercano gli stessi identici scopi che tutti perseguono), perché tanto spesso tendono a fare un loro partito (come in passato in Italia la DC), o a reclamare "il rispetto dei valori cattolici" in politica? Infatti in questa seconda ipotesi, non esisterebbero valori politici specificamente cattolici. O no?

Rispetto alla società, come i cattolici pensano il proprio ruolo? Sono impegnati nella nostra società a tempo pieno o a tempo parziale? La loro occupazione principale è posta nel culto religioso, oppure nel servizio alla società umana? Il loro impegno nella società è finalizzato ad avere una convivenza tranquilla per potersi dedicare al loro culto, oppure il loro culto è finalizzato a dare loro risorse da riversare a servizio della società umana? Insomma, sono a servizio di Dio o a servizio degli uomini?
 
 

3. I cristiani e la storia

I cristiani hanno qualcosa da imparare dalla storia, dalla gente, dalla vita o hanno solo da insegnare, in quanto sanno già tutto per rivelazione divina?

Per i cristiani, ammettere di avere commesso nella storia degli errori, delle scelte criticabili dal punto di vista dei valori umani e cristiani, costituisce problema?

Se non costituisce problema, vuol dire che i cattolici, come ogni altra persona di questo mondo, è in ricerca, e non ha alcuna garanzia di infallibilità? Oppure che i cattolici sono in ricerca anche loro, ma sono più vicini alla verità degli altri?

Nella storia i cattolici pensano di avere più garanzie e più punti di riferimento degli altri uomini? Se pensano di sì, non pare questa una presunzione gratuita? Una convinzione di questo genere non finisce per alimentare un atteggiamento di superbia, che è tutto meno che cristiano?

Un cattolico non dovrebbe onestamente ammettere che negli ultimi secoli i grandi valori della convivenza civile sono emersi al di fuori del mondo cattolico, e anzi non di rado in contrasto con esso? Ad esempio la tolleranza religiosa, cioè il rispetto esteriore delle fedi altrui (secoli 17°-18°: con l'Illuminismo, contrastato apertamente da gran parte della Chiesa cattolica fino al nostro secolo); il principio della libertà religiosa, cioè il rispetto interiore delle fedi altrui (riconosciuto in linea di principio, almeno a parole, dalla Chiesa cattolica solo con il Concilio Vaticano II); i principi della rappresentanza popolare nel governo (liberalismo), del suffragio universale (democrazia), della difesa dei diritti dei lavoratori (socialismo), della repubblica come società di eguali, la non-violenza, l'atteggiamento critico nella analisi del mondo naturale ed umano (scienze della natura e scienze umane), l'antirazzismo, l'anti-militarismo, la difesa dei diritti delle donne, la difesa dell'ambiente, il pluralismo .... E che molto spesso i cattolici si sono convertiti a questi valori quasi per ultimi, quando hanno alla fine capito che erano valori ormai accettati dalla coscienza umana come insopprimibili? E cioè, in definitiva non è forse vero che i cattolici hanno avuto dagli uomini, dai non credenti, dei suggerimenti per scoprire o riscoprire valori che certamente si possono presentare anche come valori cristiani? Ci sarebbe qualcosa di sconveniente in tutto ciò?
 
 

4. I cristiani e l'atteggiamento di fronte alla esistenza

Di fronte ai grandi problemi della esistenza, i cristiani pensano di avere delle risposte e delle risorse migliori rispetto alle altre religioni e comunque rispetto a tutti gli altri uomini?

Se sì, questo significa che i cristiani vivono la loro vita più felicemente dei non cristiani? O comunque la sopportano meglio?

Ma non c'è il pericolo che il cristiano si attacchi alla sua fede come ad un salvagente rispetto alle difficoltà della vita? E cioè che creda per disperazione? Questo atteggiamento (a parte che potrebbe essere etichettato come "non adulto" da un punto di vista umano) lo possiamo ritenere veramente cristiano? Non è più cristiano l'atteggiamento del credente che vive in mezzo a tutti con i problemi, le speranze, le angosce di tutti? Altrimenti non finirebbe per irridere i problemi e le sofferenze dei non credenti ("poverini, voi lì nella melma...").

E poi, c'è qualcosa di particolarmente diverso, nell'atteggiamento cristiano rispetto alle risposte che tutte le culture hanno dato ai problemi dell'esistenza? Non è una modulazione di motivi comunissimi (una vita oltre la morte, un premio od un castigo, le sofferenze che saranno ripagate, una certa volontà degli dèi che gli uomini capiscono solo a metà...). Dove risiederebbe la specificità delle risposte cristiane, in tutto questo? Non è una delle tante varianti dei sistemi di rassicurazione che sono vecchi come l'umanità?

Ma siamo proprio sicuri che lo scopo dei cristiani sia di vivere in questa vita felici e tranquilli, perché hanno risolto i problemi e gli enigmi della esistenza, ed hanno fatto una specie di assicurazione anche sull'aldilà? Qualcuno non potrebbe a ragione dire che più che cristianesimo, questa pare una estensione, nell'aldilà, di un feroce ed invadente paganesimo?
 
 

5. La libertà del cristiano

Non vi è forse, nel cristianesimo, un fortissimo messaggio di liberazione e di libertà? I cristiani non sono, secondo ogni dottrina, antica e moderna, un popolo di santi, di profeti, di sacerdoti? Non hanno tutti la fede, il dono dello spirito? Non sono tutti, in un modo straordinariamente egualitario che ha spaventato le società antiche, responsabili di se stessi, di fronte alla propria coscienza e di fronte a Dio, persino contro i poteri costituiti?

Come mai allora il mondo cattolico dà di sé una immagine così monolitica, di un esercito obbediente ad ordini, a decisioni, a idee, a valori che vengono dall'alto, da un vertice che spesso si riduce ad una sola persona inaccessibile, di cui persino lo stato di salute viene tenuto accuratamente nascosto come si faceva per i capi dell'impero russo?

Perché l'obbedienza deve essere la virtù principale dei cristiani? E' cristiano lasciarsi guidare passivamente dai propri "pastori"? Si può delegare ad altri la propria fede e la propria morale?

E' ammessa nel cristianesimo una pluralità di concezioni, o deve esserci un solo modo di vedere ed un solo modo di agire? Il pluralismo, la comunione nella diversità non è un valore originariamente cristiano?

E' un problema, per i cattolici, che ci siano molti modi diversi di essere cattolici? Nella storia, certamente ci sono state decine e decine di modi diversi di essere cattolici: ha senso cercare di mascherali e far credere che sono tutti stati cattolici allo stesso modo? Non fa parte della ricchezza del messaggio cristiano il fatto che ci siano stati dei cattolici fascisti che hanno amato l'ordine, dei cattolici socialisti che hanno amato la giustizia sociale, dei cattolici liberali che hanno amato l'intraprendenza dell'individuo, dei cattolici repubblicani che hanno amato l'eguaglianza dei diritti, dei cattolici monarchici che hanno amato la sacralità del sangue nobile, dei cattolici artisti che hanno visto nella musica la manifestazione mistica del divino, dei cattolici rigoristi che hanno visto nell'arte un pericolo demoniaco, dei cattolici che si sono inebriati per la presenza del creatore nella natura in evoluzione, e dei cattolici anti-scientisti che vedono nella teoria dell'evoluzione la radice profonda di ogni ateismo, dei cattolici che hanno cantato inni alla sessualità umana e dei cattolici che la hanno si e no sopportata, dei cattolici che sostengono a spada tratta la pena di morte, e dei cattolici che la contestano con ogni mezzo, dei cattolici che hanno preferito bazzicare con i potenti e dei cattolici che hanno preferito bazzicare con gli emarginati, ecc. ecc.: e non è forse vero che tutti questi sono stati a modo loro cattolici, ma che nessuno lo è stato del tutto, perché forse solo Gesù Cristo è stato veramente cristiano, ma gli altri ci hanno provato unilateralmente, riuscendovi chi più chi meno? Non è forse vero?

Ma se è così, come mai questo controllo ideologico, questa libertà limitata che viene lasciata ai cattolici nell'agire e nel pensare? O forse è una impressione da fuori, ma erronea? Qualcuno se la sente onestamente di dire che è una impressione del tutto erronea?

E poi, quale è l'atteggiamento del cattolico, in base alla sua fede, di fronte alle istituzioni della Chiesa cattolica? Certamente si tratta di istituzioni che, così come sono, sono nate nella storia, e nella storia potrebbero pure essere profondamente diverse. Tutti certo sono in grado di distinguere la fede dalle istituzioni, e tutti certo prestano maggiore importanza alla fede che alle istituzioni: ma è cristiano stare zitti quando nelle istituzioni qualcosa non è molto edificante, solo per "amore di pace"? Non abbiamo tutti, nella società, il dovere di esporci personalmente per fare sì che i principi non vengano solo detti e scritti, ma vengano anche attuati, perché chi tace è complice di ipocrisia? Non è questo, un principio profondamente cristiano? Ma non è forse vero che nella chiesa cattolica prevale di gran lunga un altro principio: quello di stare zitti, avere pazienza, non destare scandali....? Riusciamo a giustificare tale principio come veramente cristiano?
 
 

6. La visibilità dei cristiani

Nella società è importante che i cristiani facciano vedere che ci sono, che sono in molti, che riempiano le piazze, che facciano processioni (cortei) e manifestazioni di massa? Se sì, perché? Non sono segni di potenza, manovre di immagine?

La manifestazione di potenza serve per creare un alone di prestigio al messaggio cristiano e aiuta e diffonderlo? Ma non aiuta per caso a snaturarlo, dal momento che il messaggio cristiano originariamente si è presentato sotto forma di "stoltezza" e di "debolezza"? La vittoria, il trionfo, non sono propri della dimensione escatologica, opera di Dio e non dell'uomo? Non è forse una tentazione quella di deporre la "pazienza della storia"?

La propaganda, la pubblicità, il prestigio, non sono forme poco compatibili col cristianesimo? Un vescovo non si trova a disagio quando nelle cerimonie pubbliche viene invitato in prima fila in mezzo alle "autorità", assieme ai sindaci, ai ministri, ai generali?

Tanti cattolici che lavorano nel volontariato sotto etichetta non religiosa, insieme ad altri uomini ai quali probabilmente non hanno mai domandato la etichetta religiosa, non sarebbero, da un punto di vista cristiano, più apprezzabili di altri che fanno le stesse cose per conto loro, sotto etichetta cattolica?

Francesco Dentoni

[torna all'inizio del documento]
 
 


prime osservazioni di commento sulle "sei aiutole" della area teologia:

in particolare le aiuole 1 2 3, sollecitate alla studente Stefania Ruggieri (novembre 1996).

Il lavoro su questa area è rimasto senza seguito per mancanza di tempo


CONSIDERAZIONI SULLE AIUOLE DELL'AREA TEOLOGIA


 
 

I cristiani e la ricerca di un riconoscimento giuridico da parte dello stato

Il rapporto tra la chiesa e lo stato in Italia è da vedere alla luce della storia: dopo l'unità d'Italia i rapporti tra il nuovo regno e la chiesa s'inasprirono perché quest'ultima si sentì defraudata del suo potere e dei suoi diritti. Per questo successivamente ha avanzato alcune pretese e richieste che potremo vedere come l'espressione della voglia dei cattolici di riaffermare la loro importante presenza nella società.

I diritti che hanno richiesto cattolici è indubbio che valgano per tutti i gruppi religiosi, ma i cattolici li hanno richiesti prima per sé, io penso perché fino a 50 anni fa le minoranze religiose non si vedevano, non rientravano nel'immaginario della popolazione italiana da sempre cattolica e in grande percentuale rispettosa dei riti cattolici. Non penso che i cattolici siano in mala fede quando fanno delle richieste allo stato, nel senso che non penso che siano convinti che quello che per loro è un diritto non lo può essere per altri, anzi, in fondo se loro che sono la maggioranza si fanno avanti per primi, le minoranze avranno meno difficoltà ad ottenere le stesse cose.

Da un altro punto di vista, ci sono delle richieste che se accettate porterebero all'allontanamento e quindi non faciliterebbero la nascita di uno spirito di tolleranza e soprattuto di rispetto reciproco con le altre religioni; faccio un esempio chiarificatore: le sovvenzioni richieste dai cattolici allo stato per favorire le famiglie che vogliono dare ai figli un'istruzione nelle scuole cattoliche. Ritengo che questo sia un argomento piuttosto interessante da approfondire, soprattutto considerando che per il momento la questione è stata messa da parte per via dell'art. della Costituzione che si aspetta di cambiare per poter agire...
 

I cristiani e la società

Anche per questo argomento sarebbe interessante seguirne l'evoluzione storica (in senso hegeliano) e riconoscere i diversi momenti della partecipazione attiva dei cattolici nella società, il che poi si intreccia con le nostre monografie. Ad esempio penso che se andassimo a ricercare i primi momenti in cui i cattolici si sono affacciati sulla scena politica dello stato d'Italia, arriveremmo al governo Giolitti e al Patto Gentiloni, l'argomento della mia monografia. Perciò penso che nello svolgere le note di lettura si dovrebbe tenere ben presente questo aspetto in modo poi da ricostruire la partecipazione sociale dei cattolici nella storia, attraverso il contributo di tutta la classe.

Per quanto riguarda la società di oggi, devo ammettere che il richiamo ai valori cristiani, l'ostentazione della propria fede, e altre manifestazioni e dichiarazioni di questo genere, sono molto frequenti in politica e sarebbe interessante discutere del perché ci sia questa esigenza di "sbandierare" la propria fede in un campo, quello sociale-politico, in cui a mio parere si dovrebbe prescindere da quelle che sono poi le nostre profonde scelte esclusivamente personali.

Non penso sia molto rilevante discutere sulla fine del partito cattolico per eccellenza, la Democrazia Cristiana, più interessante sarebbe vedere come è nata e su quali principi e basi ideologiche, ma questo lavoro rientrerebbe sempre in quello sulla storia di cui ho parlato prima.
 

I cristiani e la storia

I cristiani e la chiesa stessa non hanno molti problemi ad amettere di avere talvolta sbagliato nella storia, e per questo osservare come effettivamente molti valori come quelli illuministici, siano entrati a fatica nella cultura cattolica, non servirebbe ad altro che a risentirsi dire che "la chiesa sa di avere sbagliato, ecc. ecc...."

Superbo il cristiano? Una risposta la darà più avanti Federica; per me un po' di presunzione c'è, ma non è tipica dl cristiano, è tipica dell'uomo e la storia stessa ci insegna che di uomini veramente umili ed altruisti ce ne sono stati pochi e non sempre hanno agito mossi da una fede religiosa.

Stefania Ruggieri

[torna all'inizio del documento]


prime osservazioni di commento sulle "sei aiuole" della area teologia:

in particolare le aiuole 4 e la prima parte della 5, sollecitate alla studente Federica Concetti (novembre 1996).

Il lavoro su questa area è rimasto senza seguito per mancanza di tempo


CONSIDERAZIONI SULLE AIUOLE DELL'AREA TEOLOGIA



I cristiani e l'atteggiamento di fronte all'esistenza

Di fronte ai grandi problemi dell'esistenza i cristiani, come tutti i credenti delle altre religioni, pensano di avere delle risposte migliori rispetto agli altri uomini.

Queste però non sono risposte certe, per cui il cristiano non può vivere nella tranquillità di avere in mano la "soluzione" del mondo e della sua esistenza. Come tutti, chi crede in dei valori, in dei principi o in delle idee, è convinto che quelle siano le più giuste e quindi le migliori, altrimenti ne seguirebbe delle altre.

Sarebbe ridicolo e contro il buonsenso credere in qualcosa, ma essere coscienti che ne esiste un'altra migliore della propria.

Quindi anche i cristiani si affidano alla loro religione con l'idea che sia la migliore, che si avvicini di più alla vera spiegazione dell'esistenza del mondo e degli uomini.

Questo però non vuol dir che i cristiani vivano la loro vita più felicemente di coloro che credono in altre religioni, perché a loro volta anche questi ultimi ritengono di avere delle risorse migliori rispetto agli altri.

L'atteggiamento dei cristiani non è comunque di presunzione nei confronti del non cristiano, il cristiano è caritatevole e non assumerà ai un comportamento del genere, piuttosto cercherà di diffondere la parola di Dio, in modo da cristianizzare il mondo intero

Ritornando al problema della veridicità delle risposte del cristianesimo, c'è da dire che alcuni cristiani si attaccano a queste verità come fossero un salvagente rispetto alle difficoltà della vita.

Questi sono, a mio parere, i "cristiani" che credono per disperazione, quelli che si sono attaccati a questa religione perché nel loro paese è la più diffusa, e sono così conformi alla maggior parte della popolazione.

Queste persone non sentono dentro di loro la religione, ma solo il bisogno di credere qualcosa che non li tradisca e sia sempre lì nel momento del bisogno e della sofferenza; oltretutto si sentono rassicurati sulla loro fine dopo la morte: "un posto assicurato in Paradiso".

Queste sono le persone con delle carenze di affetto e di considerazione da parte degli altri, i quali cercano tutto ciò in un Dio che neanche loro in fondo credono esista, ma è talmente forte il bisogno che alla fine si abbandonano alla credenza.

Tutti coloro che praticano la religione, qualsiasi religione, in questa maniera non sono veri credenti.

Il vero cristiano non si aspetta una ricompensa dopo una buona azione fatta, né tantomeno un posto in Paradiso.
 
 

La libertà del cristiano

1) Nel cristianesimo c'è un forte messaggi di liberazione e di libertà, i cristiani sono un popolo di profeti e sacerdoti, anche se il mondo cristiano appare comandato unicamente dall'alto, da cui provengono decisioni, idee, valori, ordini.

Tutto ciò sembrerebbe una contraddizione con il principio della libertà cristiana, ma in realtà per me non lo è. Quegli "ordini" che provengono da un vertice non sono altro che i valori della religione cristiana, e i cristiani obbedendo a questi fanno la volontà della loro religione.

Queste direttive non potranno essere contrarie alla religione visto che chi è a dettarle sono sempre persone credenti. Ciò non significa delegare ad altri la propria fede perché come in ogni comunità di persone c'è sempre qualcuno che prende maggiormente in mano la situazione e la porta avanti aspettandosi che gli altri, credendo nelle stesse cose, lo seguano.
 
 

Federica Concetti

[torna all'inizio del documento]
 
 


prime osservazioni di commento sulle "sei aiuole" della area teologia:

in particolare le aiuole 5 (seconda parte) e 6, sollecitate alla studente Valentina De Filippis (novembre 1996).

Il lavoro su questa area è rimasto senza seguito per mancanza di tempo


CONSIDERAZIONI SULLE AIUOLE DELL'AREA TEOLOGIA



La libertà del cristiano

2) Ci sono e ci sono stati cattolici con idee e opinioni completamente opposte e tutti, secondo me, sono comunque da considerarsi cattolici. Forse è vero che alcuni ci sono riusciti meglio e altri peggio ma non per questo va limitata agli ultimi la libertà di esserlo, di pensare e di agire.

Tutti pensiamo e consideriamo non cattolici coloro che si comportano o si sono comportati male, ma se questi si sentono o si sentivano veramente cattolici, perché negarlo e privarli della loro religione? Un'impressione che viene dall'esteriorità è molte volte sbagliata.

Con questo non voglio dire che la gente se ne può approfittare e può permettersi di non rispettare quello che è il vero cattolicesimo. Ovvio è che il cattolico deve seguire un certo atteggiamento in base alla sua fede, di fronte alle istituzioni della chiesa cattolica, altrimenti non sarebbe cattolico, ma è anche ovvio che non deve star zitto quando c'è qualcosa che non gli sta bene, non deve aver pazienza per non destare scandali, anche se questo può esser frainteso come un principio non veramente cristiano.

Ma penso che nessuno in fondo sia veramente cristiano, cattolico o che sia...

Sono d'accordo nel fatto che solo Gesù Cristo è stato veramente cristiano, gli altri non possono fare altro che condividerlo, avvicinarsi a lui e imitarlo. In fondo Gesù Cristo è il vero ideatore del cristianesimo, è nato prima in lui e poi in noi.
 

La visibilità dei cristiani

Normale è, secondo me, che i cristiani facciano vedere che ci sono, che sono in molti, che facciano cortei o manifestazioni perché credono nella loro religione e nelle proprie idee e cercano di diffonderle a chiunque voglia ascoltarli o condividerli.

Credo che in molti casi ci sia bisogno di farsi notare, di manifestarsi in qualunque modo e questo non è un segno di potenza o una manovra. Se si vuole andare avanti bisogna lottare e farsi sentire, non rimanere chiusi nelle proprie idee e rigirarle sempre fra la solita gente. Cercare quindi di diffonderle a molti e solidificarle (con il consenso e l'unione di altri) in modo da renderle sempre più concrete, affermabili e reali. In un certo senso questo può considerarsi un prestigio per aiutare a diffondere il messaggio cristiano e secondo me non aiuta affatto a snaturarlo. E non è vero che la vittoria, il trionfo, sono esclusivamente opera di Dio e non dell'uomo. Vero è poi che il messaggio cristiano si è presentato originariamente sotto forma di "debolezza" ma non per questo deve essere considerato snaturato se "combattuto", manifestato e solidificato con prestigio o segni di potenza, non troppo violenti (ovviamente).

Non è quindi vero che la propaganda, la pubblicità, il prestigio sono forme poco compatibili con il cristianesimo. Certo, un vescovo può trovarsi a disagio quando ad esempio nelle cerimonie pubbliche viene invitato in prima fila in mezzo alle "autorità" ma questo solo perché non si sente di assomigliare a queste persone e sarebbe l'unico "diverso" tra loro, operando in ambiti religiosi, totalmente differenti da quelli dei sindaci, dei ministri o generali.

Tanti cattolici che lavorano nel volontariato sotto etichetta non religiosa insieme ad altri uomini ai quali probabilmente non hanno mai domandato l'etichetta religiosa non sono da considerare più apprezzabili di altri che fanno le stesse cose sotto etichetta cattolica.

Perché considerarli meno apprezzabili solo perché sono etichettati? In fondo mica è una colpa essere cattolici "etichettati" e non è mica questo un modo per sentirsi superiori agli altri.
 
 

Valentina De Filippis

[torna all'inizio del documento]
 
 


contributo di Gabriele Tolu, risalente al novembre 1996, ma pervenuto fra i materiali del progetto solo al momento della raccolta finale. Non ha quindi avuto un seguito di riflessione comune
 
 

RIFLESSIONI DI UNO STUDENTE



Tolu Gabriele V F

Roma, 08/11/1996
 
 

In data odierna, durante la lezione di filosofia, parlando del problema della religione negli scritti del giovane Hegel, si è affrontato un problema sul quale avevo idee da proporre ma che non ho potuto esporre a causa del tempo.

Ho deciso quindi di sfruttare il "colloquio informatico", mezzo per poter confrontarci tramite dibattiti anche all'esterno dell'orario delle lezioni.

Mi trovo in imbarazzo perchè non so bene se il discorso che voglio fare è prettamente storico o filosofico (anche se come insegna Hegel la filosofia è parte della storia) ma penso che sarà di sicuro utilizzo per il nostro convegno sull'I.R.C.
 
 

I PRECEDENTI

Si è discusso sulla concezione cristiana di fine millenio.

Il docente Dentoni ha affermato che i Cristiani si sentono felici perchè i millenni finiscono ma non finisce il mondo (fine ultimo del Cristianesimo poichè dopo il giorno del giudizio tutti gli uomini potranno "soggiornare" nel Paradiso al fianco della loro divinità in pace fra di loro).

La riflessione è profonda e rispecchia sicuramente l'immaginario odierno ma secondo me una cosa così profonda non andava buttata lì senza soffermarsi ad analizzarla; il docente Dentoni è proprio colui che ci ha insegnato a comportarci così e mi stupisce che non abbia speso qualche parola di commento.

Ho quindi deciso di analizzare modestamente questo bizzarro fenomeno che va contro la fede Cristiana.

Ripescando molto indietro nella storia i Cristiani attendevano la fine del primo millennio con trepidante attesa mista a terrore.

Già da allora va analizzato il fatto che il Cristiano non si sente pronto alla fine del mondo e lo teme (in terzo abbiamo letto molti documenti su questa atmosfera) perchè i Cristiani (ci sono comunque piccole eccezioni) non sono sicuri della loro fede: un ideale imposto dall'alto che non può garantire nulla all'uomo (punto che anche Massimiliano ha trattato in uno dei suoi ultimi documenti) che per quanto lo si voglia negare è materialista e legato alle cose terrene.

La fine del mondo a cui i Cristiani nel Mille sono scampati ha portato qualche generazione dopo (abbiamo anche visto questo analizzando tra le righe i documenti) alla considerazione che in fondo in fondo il Cristiano era nelle grazie di un Dio infinitamente buono (vedi l'immaginario Cristiano fortemente basato su Dante e l'episodio del perdono a Manfredi), degno e capace di tante menate varie insegnate dalla Chiesa e che quindi si sarebbe salvato dal "terribile esercito di Satana".

I Cristiani quindi a distanza di 1000 anni queste menate le hanno dimenticate e se ne infischiano dei comportamenti morali, tanto "Dio è buono e perdona anche chi si pente all'ultimo".

Il professor Dentoni aveva descritto la figura della Chiesa ai primordi come un aereo che una volta in volo ha dovuto modificare il suo assetto in volo per non cadere e schiantarsi.

Secondo me la Chiesa ha sì cambiato assetto, ma ha alzato gli alettoni (cioè ha detto tante menate), si è portato ad alta quota e ha spento i motori e plana sfruttando le correnti di vento e non solo quelle di vento (chi vuole intendere intenda) e ogni tanto trova un vuoto d'aria che la porta un pò giù.

Dopo quasi 2000 anni di planata la Chiesa non si è ancora accorta che l'impatto col suolo si fa vicino e che gli alettoni non funzionano più a dovere.

Il mondo del 2000 infatti è talmente stressato dalla vita quotidiana e preso da innumerevoli tendenze materialistiche che se ne infischia delle menate teologiche che assomigliano sempre più a castelli di sabbia.

Ciò è facilmente riscontrabile nel fatto che sempre più ragazzi preferiscono non avere un sussidio morale divino basato su delle menate (più il tempo passa più aumenta il numero dei giovani atei).

C'è d'altra parte anche chi non accontentandosi delle menate divine va in cerca delle menate magiche, ma come detto già ci sono delle eccezioni, come dall'altra parte i satanisti che personalmente, pur non abbracciando la loro fede, ammiro più dei cristiani.

Per rendere chiare le idee a chi è ignorante sulla materia quelli che vengono definiti satanisti non sono quelli che fanno i sacrifici a Satana; quella è una fascia estremista come lo era quella dei Cristiani che uccidevano presunte streghe o che si imbarcava in idiote guerre sante (certo sotto c'era un chiaro interesse economico ma c'era anche chi aderiva per andare a fare un sano massacro), sono solo persone che sono coscienti di essere materialiste e quindi fuori dalla morale Cristiana.

Se ora facciamo un'analisi, quanti miliardi di persone al mondo sono sataniste?

Perchè la gente se ne deve infischiare della morale e poi va in giro dicendo che è cattolica giusto perchè se ne va a messa la domenica ma passa il resto della settimana a fregare il prossimo?

Ci sono sì eccezioni ma io penso che se il mondo finisce domani e il Dio cristiano esiste davvero, allora dovrà affrontare una pesante sconfitta e non gli basteranno eserciti di angeli per fronteggiare i peccatori/falsi puritani che infestano il mondo.

E' sì una esposizione grottesca ma attendo che si presenti qualcuno che mi dimostri seriamente che ho torto.

Sono sicuro che questo documento darà sicuramente luogo a illazioni sulla mia persona ma ciò non m'interessa poichè non mi interessa l'opinione degli altri, che tra l'altro non ritengo degni di giudicare nessuno, perchè io mi ritengo unico giudice della mia persona e la mia morale è la mia legislazione.

Ho atteso molto prima di scrivere simili righe ma è stata un'attesa volta ad incanalare meglio le mie idee in un unico discorso chiaro e tagliante, poichè le cose che più feriscono fanno sentire il loro peso e la loro presenza.

In conclusione mi sento fortemente indignato dai commenti che si fanno su chi non si avvale della religione, alla gente non deve interessare se io sono Cattolico, Satanista o Ateo, se è vero poi che esiste una qualsiasi divinità buona o malvagia sarò giudicato da quella divinità e avrò ciò che ho meritato.

Cosa vi hanno insegnato?

E' più importante essere sinceri e coerenti con se stessi o dover piacere alla gente?

Pensate.

Pensate!

Tolu Gabriele

[torna all'inizio del documento]


INIZIO PAGINA
HOME PAGE