I.R.C. parliamone: non nuoce alla salute

12. Valutazioni finali e reazioni


Progetto di riflessione e di ricerca sull'Insegnamento della Religione Cattolica nella Scuola Pubblica
della Classe 5F del Liceo Scientifico Statale M. Malpighi di Roma 1996/97
Chiunque può intervenire con osservazioni e contributi che saranno inglobati nelle edizioni successive
Indice generale | Composizione Classe 5F | Comitato promotore | Raccomandazione generale


Sommario di questa sezione

VALUTAZIONI FINALI ("le tremila battute") da parte dei partecipanti al progetto
    Le 3000 battute di Fabio Ciattaglia
    Le 3000 battute di Gabriele De Luca
    Le 3000 battute di Francesco Dentoni
    Le 3000 battute di Enrico Giammarco
    Le 3000 battute di Massimiliano Melone
    Le 3000 battute di Marica Nobile
    Le 3000 battute di Gabriele Tolu

Altre reazioni e interventi da parte dei partecipanti al lavoro
   Docente Teresa Russo (IRC)(18.05.1997)
    Stefania Ruggeri: "Guida alla risposta della domanda: Perché ce l'ha tanto con l'IRC?" (03.09.2000)
    Marica Nobile: commento su di un servizio del TG2 a proposito dell'IRC (26.09.2000)

Reazioni "esterne"
    Commento del docente Milli (IRC) (15.05.1997)
    Risposta del docente Dentoni al commento del docente Milli: "Niente messaggi in codice, please" (1.7.1997)
   [varie altre reazioni sono cumulate a molti dei commenti pervenuti allo intero sito web: vedi il sommario delle sezione feedback]
 


[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, dello studente Fabio Ciattaglia]



FABIO CIATTAGLIA V F                   ROMA 29/05/97

BILANCIO SUL LAVORO:
I.R.C:PARLIAMONE, NON NUOCE ALLA SALUTE.
Ragionare è sicuramente l’attività che contraddistingue l’essere umano anche se , molto spesso si preferisce ad essa, il silenzio, o per la pericolosità rappresentata dal tema prescelto per alcune persone, o per la mancanza di consapevolezza riguardo tale tema.
Il tema i.r.c., che abbiamo trattato quest’anno, sebbene in modo  troppo ossessivo tanto da farlo risultare, in certe circostanze, un lavoro pesante e noioso, credo che abbia avuto la sua connotazione positiva nel fatto di essere stata una della rare occasioni che si presentano nella vita, per ragionare senza dei limiti invalicabili. Ed io sono il primo a voler indagare su temi mai esplorati ma, se proprio devo essere sincero, ritengo che ci siano problemi molto più seri da trattare anche se meno “tangibili” alla nostra classe.
Per quanto concerne i due documenti conclusivi , credo che sia da dire  che alcune conclusioni a cui siamo pervenuti , soprattutto in ambito filosofico, non sono state propriamente farina del nostro sacco (vuoi per mancanza di mezzi culturali ancora non raggiunti, vuoi soprattutto per l’interesse da me rivolto ad altri ambiti) ed inoltre congetture che, in alcuni casi, non rappresentano le nostre idee (da qui infatti sono scaturite le votazioni relative agli spezzoni dei documenti conclusivi). La rilettura , molto accurata di tali documenti che la mia classe ha fatto, e la conseguente correzione-revisione dei testi, è stata però, non solo  un’esperienza per testare insieme le nostre idee che, molto spesso vengono tenute nascoste e non considerate da nessuno, ma anche un esempio di sana e giusta partecipazione democratica ad un lavoro.

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, dello studente Gabriele De Luca]

Studente compilatore  DE LUCA GABRIELE       Classe V F

3000 BATTUTE: VALUTAZIONE SUL LAVORO DELL’IRC

IN PRINCIPIO:
 In principio, dopo un’iniziale senso di disorientamento, come sempre accade quando si dà il via ad un nuovo lavoro, si stabilì un “comitato promotore” con lo scopo di rompere il ghiaccio e coordinare l’iniziativa.

PRIME DIFFICOLTÀ E CONSEGUENZE:
 Purtroppo sin dal primo momento si presentò il problema di comprendere l’obiettivo ed il significato del lavoro che si intendeva svolgere. Quello fu l’unico momento in cui tutti lo interpretarono allo stesso modo (sebbene erroneamente), assumendo una posizione di polemica autodifesa della propria scelta di avvalersi o meno dell’IRC. In seguito ognuno attribuì un proprio significato al lavoro, con conseguenti fraintendimenti e ostacoli allo svolgimento.
 É in quest’ottica che è stata fraintesa la figura del “backstage”, il quale avrebbe dovuto osservare lo svolgimento dall’esterno per poi relazionarlo nel modo più oggettivo possibile. Ciò fu forse necessario per sopperire alla carenza di contributi, ma di fatto si sarebbe dovuto semplicemente prendere atto di tale fenomeno come una risposta al lavoro.
 Al contrario, il ruolo della docente di IRC è stato limitato. Inizialmente questa figura era stata istituita per risolvere il clima di tensione associato alla “mina vagante” (anche questa interpretata in vari modi), col compito di tenere i contatti con gli altri docenti e la classe. Di fatto poi, una volta risolta la tensione, tale figura è passata in secondo piano, se non dimenticata. Il suo incarico è stato limitato alla distribuzione e raccolta dei tests nelle le varie classi (per altro l’unico apporto di fonti esterne pienamente riuscito).

I TESTS E LE “AIUOLE”:
 L’elaborazione dei tests e la raccolta dei dati forniti è stata un’esperienza stimolante, poiché ha fornito un riscontro effettivo dell’atteggiamento davanti al lavoro da parte degli esterni alla classe.
 La divisione del lavoro in 6 aiuole, o aree di studio, è stata ben articolata e forse troppo pretenziosa. Personalmente ho trovato l’area storia-diritto interessante dal punto di vista della cronologia delle varie normative sull’IRC, ma non ho ritrovato molto il pensiero della classe nelle varie raccomandazioni.

METODO DI LAVORO E “PROPRIETÀ LETTERARIA”:
 Il lavoro sulle aiuole avveniva in classe, leggendo, discutendo e modificando le bozze presentate dal docente Dentoni. Ciò è stato oggetto di critica da parte di altri docenti, i quali hanno attribuito a lui tutto il lavoro, ma bisogna anche dire che senza il tracciato delle bozze sarebbe stato difficile convogliare gli sforzi in un’unica direzione. É per questo motivo che ritengo si debba attribuire il lavoro al docente ed alla classe, non solo a quest’ultima, come invece egli vorrebbe.

CONCLUSIONE:
 L’analisi dell’argomento proposto ha consentito di sviluppare nuovi interessanti spunti di riflessione e la consapevolezza che si voleva raggiungere, ma è rimasto limitato all’ambito della classe.

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, del docente Francesco Dentoni]



BILANCIO CONCLUSIVO SUL LAVORO:
I.R.C:PARLIAMONE, NON NUOCE ALLA SALUTE.

Sì, valeva la pena fare questo lavoro.

Voci di bilancio negative
Non c'è nemmeno bisogno di stare ad elencare i limiti ed i difetti di questo lavoro: alle osservazioni critiche che finora ho letto nelle "tremila battute" degli studenti (osservazioni che nella sostanza avevo seminato io stesso nel corso del nostro lavoro), potrei aggiungere almeno due parole sul ruolo dei genitori. Non solo il loro contributo è stato puramente nominale (ma questo non sarebbe grave, considerati i ritmi della vita e del lavoro), ma è mancata la possibilità stessa di trovare una piattaforma di riferimento comune: che scuola e famiglie siano due universi differenti, lo si dice sempre come una battuta, ma qui lo abbiamo avuto sotto gli occhi.
Agli studenti poi dispiacerà che non siamo riusciti a concludere il lavoro con quel pubblico "convegno" che ci eravamo ripromessi. Vorrei consolarli ricordando quello che abbiamo detto in varie occasioni e cioè che la frenesia per le pubbliche manifestazioni esteriori è tentazione che esige molta cautela, perché non di rado tradisce la ricerca del consenso senza il convincimento (le masse oceaniche di Hitler e Mussolini, gli stadi gremiti per i concerti rock, le folle di Woytila): il consenso lo si ottiene con la scorciatoia delle scenografie, il convincimento lo si cerca scambiandosi le ragioni e persuadendosi reciprocamente (come nei dialoghi di Platone, dove gli interlocutori di Socrate sono al massimo due o tre per volta). Comunque, un momento di pubblica riflessione si può sempre fare in futuro: per lo meno quando qualcuno di questi studenti sarà ministro della pubblica istruzione.

Voci di bilancio positive
Ma ci sono elementi positivi, che hanno contribuito a fare scuola reale, e non accademica: ognuno è stato invitato a pensare, a uscire dall'ovvio, a prendere coscienza dei propri orientamenti inespressi, a prendere posizione, a esporsi di persona, a mettere sul piatto le proprie ragioni e a valutare quelle degli altri, a separare gli umori dai ragionamenti, ad essere sincero ed onesto davanti a se stesso prima ancora che davanti agli altri, a individuare le logiche di fondo che presiedono ai comportamenti.
Non vorrei fare della retorica, ma abbiamo cercato di fare esperienza di democrazia, perché cultura è democrazia, e la democrazia è cultura. E se fra gli  studenti c'è qualcuno che ha incontrato o incontrerà ambienti nei quali, mentre si "mira in alto", l'uguaglianza fra tutti è maggiormente rispettata, e nei quali tutti sono senza differenze presi in considerazione ed hanno gli stessi diritti, me lo faccia sapere, perché la democrazia è una cosa difficile, e sono desideroso di capire e di imparare.

Ho forzato e strumentalizzato?
Questo è il sospetto che sento aleggiare attorno a questo lavoro (tra parentesi: non sarà una scusa per dispensarsi dal dover prendere in considerazione le conclusioni di questo lavoro? Perché, detto fra noi, quale che sia il modo nel quale sono ottenute, se sono conclusioni valide, restano valide; se sono conclusioni balorde, restano balorde).
Ed ecco la mia risposta: sì, certo, ho sollecitato e tirato avanti il lavoro, riaggiustando le direzione nella misura che c'era risposta dagli studenti. Ad esempio, personalmente, avrei preferito una risposta più sentita sulle Aree 4 e 5 (Pedagogia e Teologia): ma le difficoltà che gli studenti hanno avuto nel recepire le problematiche nascoste in tali aree, mi hanno fatto ripiegare sulle altre, che consideravo, in partenza, di contorno.
Comunque, per i sospettosi, faccio notare che così io mi comporto sempre a scuola: non solo quando parlo di IRC,  ma anche quando parlo di Kant, della rivoluzione inglese, della Conquista dell'America, ecc.: perchè compito della scuola è di elevare e approfondire i discorsi, non di farli scorrere a ruota libera o livellarli verso il basso (la scuola non è una trasmissione di Maria De Filippi).
Del resto, non fa così qualunque docente? Se uno organizza un corso di incontri sulla filmografia di Fellini, si accontenta che ciascuno studente dica le proprie impressioni, o non cercherà, partendo dalle reazioni degli studenti, di incanalarle in un approfondimento guidato? E ci scommetto che è molto più "autoritario" di me, perché sa in anticipo dove vuole arrivare; mentre io, un anno fa non avrei mai immaginato che saremmo arrivati a questi risultati del nostro lavoro: né come metodi né come contenuti.
Se poi questa critica di "forzatura e strumentalizzazione" venisse da parte cattolica, sarebbe ben curioso vedere costoro convertirsi improvvisamente ad una radicale "democrazia" della cultura (=non "influenzare" i ragazzi, lasciare che dicano quello che vogliono), quando la loro attuale politica culturale è quella di un indottriamento che li lascia totalmente passivi e unicamente ricettivi. Non sto parlando dei docenti di IRC: sto parlando del cattolico per antonomasia, cioè del papa, il cui mestiere, come è sotto gli occhi di tutti, è quello di parlare molto, parlare sempre, ma non ascoltare mai; a meno che non si considerino "ascolto" le ridicole domandine (peraltro preparate in anticipo) che i bambini gli rivolgono quando va a visitare le parrocchie di Roma. Mi piacerebe che un giorno venisse in una delle nostre classi, a ragionare alla pari con noi: e allora sì che potremmo valutare se ha degli argomenti, o se vende solo fumo (non sono megalomane: ma mi pare assodato, dalla documentazione annessa a questo lavoro, che i naturali interlocutori di parte istituzionale cattolica all'interno del nostro istituto si sono per vari motivi e in vari modi defilati).
 

Gli studenti sono cresciuti?
Siccome questa è la vera misura della riuscita del nostro lavoro, questa sarebbe la risposta più importante. Io ne azzardo una nei seguenti termini (infatti, come docente, fa per ora parte del mio mestiere azzardare  risposte quando mi si chiede la valutazione della crescita di ogni studente alla fine dell'anno scolastico: risposta che nessuno potrebbe dare meglio dello studente stesso). Secondo me:
1) vi sono stati studenti meno interessati al fenomeno religioso, i quali hanno di conseguenza meno sentito l'argomento, a meno che vi abbiano colto altri elementi di stimolo (ad esempio la carica di riflessione sulla natura della democrazia e sui meccanismi che la soffocano); in questo ultimo caso, la loro partecipazione è stata significativa, e notevole la crescita complessiva;
2) vi sono stati studenti che prendevano le mosse da una adesione forte ma fondamentalmente  acritica nei confronti dei temi della religione cattolica. Per loro, mi sembra di poter dire, l'itinerario è stato i seguente: a) una certa soddisfazione che il tema fosse pubblicamente trattato [non sono al corrente dei retroterra: ma è possibile che nel corso del Quarto anno avessero vissuta una sorta di emarginazione, per il fatto di essere rimasti in minoranza, fedeli alla scelta dell'IRC];  b) un certo disorientamento, per la mancata abitudine a ragionare in termini laici (e cioè con gli altri, da pari a pari) sui temi della religione cattolica; c) una certa opposizione al modo di trattare gli argomenti, oltre che alle conclusioni che si andavano profilando, che non ha però (e questo secondo me è il limite maggiore) trovato possibilità di espressione, proprio per la mancata abitudine alla libera discussione su tali temi, se non in un dissociazione silenziosa, quasi che questi studenti fossero senza argomenti. Sono sicuro che se avessimo avuto più tempo, avrebbero cominciato anche loro a tirare fuori i loro argomenti: certo, avrebbero dovuto dissociarsi da una linea cieca di rifiuto della discussione che a loro è stata inconsciamente instillata, ma non per questo avrebbero smesso di essere cattolici: e allora sarebbe iniziata una fase veramente costruttiva. Ma non si smonta in un anno quello che è stato impiantato per decenni. Credo comunque che per questi studenti (che in ogni caso ho trovato di gran lunga più aperti e disponibili che non i loro omologhi adulti), il presente lavoro sia stato ugualmente un'esperienza utile: a parte che in certa misura si sono messi certamente in questione, crescendo si renderanno conto che è necessario rompere il muro dell'isolamento culturale della religione cattolica, altrimenti, quando i cattolici saranno  maggioranza rischieranno sempre di diventare prepotenti, e quando saranno minoranza, di diventare emarginati;
3) vi sono stati studenti che, non so bene per quali esperienze passate, io ho trovato fortemente animati da interesse religioso, e da dichiarata appartenenza cattolica, ma nello stesso tempo critici verso ogni ombra di integralismo e clericalismo in ambito pubblico. Questi "credenti laici" erano di fatto naturalmente predisposti al nostro lavoro (una riflessione, laica perché portata avanti in una scuola pubblica, su di un tema religioso), e sono probabilmente quelli che, complessivamente, vi si sono ritrovati meglio. Quanto questi studenti siano cresciuti, non riesco del tutto a valutarlo, perché mi sembra di non averli molto aiutati, soprattuto perchè è mancato il tempo per il lavoro più difficile ma più importante: la riflessione sui valori (educativi, umani, morali, religiosi); su quel piano, ognuno avrebbe perso i suoi punti di vantaggio e di svantaggio, e ci saremmo messi tutti in questione.

Conclusione
Voglio aggiungere infine che non è solo il tempo che ci è mancato: per i discorsi che non abbiamo fatto (Area Pedagogia e Teologia) ci sono mancati gli strumenti culturali, il linguaggio, la logica; tutti gli studenti hanno fatto enorme fatica a intendere il senso delle dimensioni che non abbiamo esplorato, e secondo me vari non lo hanno inteso affatto. Questa a mio parere è la prova evidente del fatto che l'educazione religiosa in Italia è fallimentare: sia quella di stampo confessionale, sia quella (quella poca che c'è) di stampo non confessionale.
E per concludere con questo bilancio: forse (non ci giurerei del tutto) è vero quello che dice Enrico (Giammarco) nel suo commento finale: ognuno è rimasto della sua opinione; ma questa non è una critica, anzi è la chiara affermazione di un successo; infatti se andate a leggere  le "mille battute" degli intenti preliminari, questo era proprio stato detto chiaramente: non vogliamo convertirci reciprocamente, ma approfondire e rafforzare le ragioni delle nostre scelte.

Quanto a me, anch'io ho imparato moltissime cose: vorrei  dire soprattutto a livello teorico. E non solo perché, con questo tema in corso, sono stato per un anno come una antenna parabolica a captare e interpretare idee e messaggi che girano nella società su temi religiosi, ma anche perché quelle idee e quei messaggi li ho potuti confrontare e riscontrare, con esiti interessanti, mediante il lavoro concreto dentro una classe normale, sincera, disponibile, rappresentativa.

Basta così.
Chi ha riflessioni da aggiungere non manchi di farlo.

Roma 1.7.97

Francesco Dentoni - docente di storia e filosofia

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, dello studente Giammarco Enrico]

COMMENTO CONCLUSIVO

“I.R.C.: PARLIAMONE, NON NUOCE ALLA SALUTE”

Per poter esprimere una mia opinione critica e onnicomprensiva su questo lavoro durato un anno, ritengo sia necessario scindere l’operazione di analisi in vari livelli, ciascuno importante sia per fini propri sia nella visione complessiva del lavoro. Dopo una ponderata riflessione ho individuato i seguenti livelli fondamentali di lettura: 1) L’organizzazione e la suddivisione degli argomenti 2) I rapporti con gli esterni 3) Lo svolgimento e la discussione sulle tematiche affrontate nel lavoro (sia per la classe sia per il docente).

L’organizzazione e la suddivisione degli argomenti
Penso che questa sia la parte riuscita meglio del lavoro (il che non è un complimento, anzi), in quanto è da apprezzare la logica con la quale sono stati riconosciuti i vari temi (diritto, filosofia, pedagogia,...) e anche l’impostazione critica data loro, basata su una serie di riflessioni e su letture di documenti inerenti all’argomento (le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale). Ho trovato interessanti anche i vari questionari proposti a docenti, studenti e professori, perché riuscivano a sondare imparzialmente la personalità e il pensiero dell’intervistato.

I rapporti con gli esterni
Intendendo per rapporti con gli esterni tutte le varie “uscite” e le presentazioni ai consigli d’istituto, la mia opinione in questo caso è un po’ ambigua: da un lato giustifico la difficoltà trovata dai miei compagni nel gestire le comunicazioni esterne con la diffidenza e i pregiudizi che un tema simile porta con sé. E’ pressoché scontato (e sbagliato) che sulla religione nella scuola le posizioni siano così chiare e ben radicate che non si accetti il dialogo (succede per argomenti ben più seri di questo). La colpa comunque non è totalmente degli esterni, e bisogna fare anche un po’ di autocritica; non ci ho fatto caso subito, ma è palpabile, compiendo un’astrazione nel pensiero altrui, “sentire” una sfumatura di arroganza sotto forma di “ noi siamo più aperti mentalmente di voi e quindi abbiamo già metà della ragione”. Ripeto, è solo una mia impressione, ma forse gli esterni l’hanno sentita più forte e si sono chiusi a riccio anche per questo motivo.

Lo svolgimento e la discussione nel lavoro
 Forse è questa la parte dove sono rimasto più deluso dei risultati, soprattutto in confronto alle prospettive iniziali offerte dall’organizzazione del lavoro. La mia opinione è che le riflessioni e le discussioni siano rimaste sempre un po’ “forzate”, nel senso che la maggior parte della classe non le sentiva sue, ma quasi calate dall’alto; questo fenomeno si è manifestato maggiormente nel Documento 2, quello dell’area filosofia, riguardo il quale l’impressione generale della classe è stato quello di leggere idee non proprie. Il Documento 1, invece, è stato esente da queste impressioni, ed è stato visto in modo più personale dell’altro; in conclusione, penso di non dire nulla di scandaloso affermando che, in fondo, le discussioni avute in classe si sono risolte in semplici dibattiti sull’accomodamento di frasi dei documenti, dibattiti privi però di spunti su nodi teorici.

Conclusione
Dopo questa mia analisi per parti, mi appresto a comporre un giudizio più complessivo su questo lavoro; credo che l’utilità di questa attività risieda soprattutto nell’aumento di consapevolezza che ha provocato in noi (fino all’anno scorso sapevamo soltanto del modulo di scelta). Per il resto ritengo che, sebbene questo lavoro avesse come scopo quello di fare chiarezza, abbia avuto un risultato contrario, riuscendo a trovare numerose altre argomentazioni che hanno reso ancora meno chiara la situazione, lasciando le varie fazioni (sì, ci sono delle fazioni) ferme nella loro posizione.
 

Giammarco Enrico V° F                              Roma, 29/5/1997

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, dello studente Massimiliano Melone]



Ogni volta che si decide d’intraprendere e portare a termine un qualsiasi lavoro é prassi comune fissare bene quali sono le motivazioni vere con cui si inizia e quali i risultati che si spera veder realizzati al termine del lavoro. Quando poi il lavoro é terminato si tirano le somme e si riflette sui risultati ottenuti; a questo punto due possono essere le situazioni che si potrebbero creare: 1) i risultati non corrispondono alle aspettative ed hanno tradito le motivazioni con cui si é iniziato, quindi il lavoro é sostanzialmente fallito 2) i risultati corrispondono a pieno oppure superano in meglio le aspettative iniziali, quindi lavoro é riuscito o é molto riuscito.
Personalmente mi ritrovo pienamente nel secondo caso, per una serie di motivate ragioni.
 

VALORE ASSOLUTO DEL LAVORO.
Volendo riflettere sul valore reale del lavoro, ossia sulla validità oggettiva che esso assume ai nostri occhi ed a quelli del pubblico che si documenterà, penso che si possano distinguere alcuni elementi che contribuiscono, correlandosi tra loro, a renderlo inattaccabile a critiche superficiali ed arbitrarie.
Quindi, nell’ipotesi più disastrosa, secondo me non facilmente realizzabile, che il nostro lavoro fosse attaccato, intaccato ed eventualmente falsificato (con tanto di documentazione), ci resterebbe sempre la consapevolezza di essere riusciti a portare tematiche quasi sempre rimaste nell’ombra all’attenzione di un pubblico non facilone, tanto meno prevenuto ed incompetente.

Rispetto delle motivazioni iniziali:
Il titolo che abbiamo dato al lavoro: “I.R.C. parliamone, non nuoce alla salute”, rispecchia uno dei motivi basilari che soggiacciono a tutta quanta l’elaborazione conclusiva. Ne abbiamo parlato apertamente senza che nessuno potesse intervenire apportando critiche infondate, ne abbiamo parlato perché volevamo riflettere su un tema che ci riguarda, e “non ci é nuociuto alla salute”, anzi!
In questo caso la validità assoluta del lavoro risiede appunto nel non aver tradito quelle che erano le motivazioni iniziali che ci hanno coinvolto e sostenuto durante tutta l’elaborazione.

Un’indagine seria e reale.
Oltre al lavoro di pura definizione ed inquadramento della questione, abbiamo cercato di dare risposte serie e reali a un problema che é serio e reale. Documenti scritti esclusi, la sola volontà di “scoprire” (nel senso figurato della parola: “giungere a conoscere o far conoscere ciò che altri vorrebbe tenere nascosto”) ed il solo desiderio di riflettere sensatamente, sono secondo me risposte serie e reali.

Il supporto didattico.
A tutto questo si aggiunge la garanzia che il lavoro non é stato tempo una perdita di tempo perché il supporto didattico a cui abbiamo fatto appiglio é incontestabile; le materie storia e filosofia ci hanno fornito le conoscenze necessarie per l’elaborazione. [Mi sento in dovere, però, di precisare che questa ultima motivazione assume valore per molti docenti e genitori “diffidenti” ma non per me. Rimanendo comunique convinto dell’assoluta importanza che il lavoro didattico assume all’interno dell’istituzione scolastica, non sono, infatti, intimamente convinto che esso fornisca in tutti i casi e per tutte le materie la garanzia di “tempo non perso”.]
 

VALORE EXTRA DEL LAVORO.
A questo punto delle mie considerazioni sono giunto ad una considerazione che per me é indubbiamente la più importante. Questa riflessione, che costantemente rimane ancorata alla validità dell’elaborazione scritta, é in realtà una riflessione sulla validità del metodo utilizzato.
Le tre parole che esprimono meglio il valore del metodo sono: libero, democratico, nuovo. “Libero” perché non si é mai negato a nessuno di esprimersi, di confrontarsi, di chiarire le proprie posizioni; “democratico” perché, come conseguenza del rispetto delle libertà d’opinione di ognuno, la maggioranza non ha mai voluto soffocare la voce di una minoranza, qualunque essa fosse. Sul terzo termine, ossia “nuovo”, intendo soffermarmi poco di più.
É stato un metodo nuovo perché non riconducibile a quelli che in cinque anni di scuola ho classificato come “metodi ordinari d’insegnamento”. Secondo me la novità della maniera con cui abbiamo condotto la preparazione, la raccolta di materiale e l’elaborazione finale consiste nel suo aspetto “non più didattica”, intendendo con didattico il “metodo ordinario” vigente. Sul piano puramente teorico abbiamo, a mio avviso, sperimentato un modo diverso di fare scuola per elaborare un lavoro che ha una sua profonda validità conoscitiva ed educativa.
Resta però un problema a cui non ho trovato soluzione: qualora la scuola decidesse di promuovere, all’interno dell’istituzione, esperienze analoghe alla nostra, magari su temi di natura scientifica, gli studenti perderebbero l’interesse “disinteressato” che ho potuto, in alcuni momenti, respirare nel nostro caso? Solo a livello “embrionale” penso che questo “disinteressato” interesse sia direttamente legato alla sensazione che lo studente ha di lavorare non per la scuola, o meglio perché la scuola lo pretende, ma per se stessi, ovvero perché é nel proprio vero interesse. Parliamoci chiaro, più lo studente sente sulle proprie spalle l’assillo dell’interrogazione e del voto e meno é liberamente interessato.
 

Melone Massimiliano 5°F
27 maggio 1997

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, della studente Marica Nobile]



3000 battute sul lavoro:
I.R.C. : PARLIAMONE, NON NUOCE ALLA SALUTE

Durante questo anno di lavoro ci siamo resi conto che non sempre si apprezzano la sincerità e la voglia di capire il perchè delle cose, abbiamo dovuto scontrarci contro il silenzio di chi non ci prendeva nemmeno in considerazione, contro le critiche gratuite di chi non aveva neppure letto i nostri documenti, ma fortunatamente abbiamo incontrato anche genitori, docenti, e studenti interessati e piacevolmente sorpresi dalla nostra iniziativa. Apparte tutto, noi abbiamo lavorato con impegno e, la mia modesta opinione, è che ne è venuto fuori un lavoro interessante e più che decoroso, che io sento mio ( al contrario di chi ci ha visti come marionette nelle mani di un docente ).
L'aspetto più interessante emerso dalle nostre "ricerche" è come l'imparzialità della legge italiana si scontri con la parzialità della sua applicazione, nonchè come si tenda ancora a considerare scocciatore se non opportunista chi non si avvale dell'insegnamento della religione cattolica a scuola. Questo ci ha fatto riflettere sul fatto che forse in Italia siamo solo tolleranti, cioè non accettiamo ancora il diverso, colui che non si uniforma agli stereotipi sociali che abbiamo avuto fino ad oggi, non amiamo venire a contatto con il nuovo, chissà, forse per una atavica paura verghiana?!??!
In conclusione posso dire che è stato interessante scovare una "mina vagante", l'unica cosa che rimpiango è di non aver potuto lavorare a tutte e cinque le aiuole, ma sono fiera del lavoro fatto e il messaggio che lascio ai posteri è :
RIFLETTETE, ANCHE SE E' PERICOLOSO,
ANCHE SE NON VENITE CONSIDERATI,
RIFLETTETE...

Nobile Marica V F

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[contributo di riflessione conclusiva “delle tremila battute”, dello studente Gabriele Tolu]



Roma, 29/05/1997

Dopo “dure lotte di sopravvivenza” siamo quasi giunti al termine del nostro lavoro riguardo I.R.C. parliamone: non nuoce alla salute.
Cosa dire?
Non sono completamente soddisfatto.
Perche?
Abbiamo già fatto molto ma avremmo potuto fare di più, di fatto molte delle aree che ci eravamo proposti di esplorare sono rimaste sconosciute; inoltre il nostro impegno e la nostra costanza a volte non si sono riversati completamente in ciò che facevamo.
Io sento che ciò è dovuto da un certo “timore reverenziale” che proviamo nei confronti dell’argomento.
Comunque il lavoro come dicevo precedentemente è finito e ha dato spazio ad una serie di considerazioni che per i più potranno anche risultare dure.
Di questo sono molto felice perchè le cose che sono dette con maggior durezza sono quelle che più restano impresse a livello conscio ed inconscio e quindi “fanno lavorare il cervello”.
La gente inoltre, per caratteristica propria della specie, tende a volersi “riggirare” i discorsi che gli vengono proposti in altri discorsi che per loro risultano più favorevoli; per questo noi abbiamo voluto parlare chiaro.
Spero quindi che la nostra chiarezza non porterà nessuno a interpretare erratamente ciò che vogliamo dire.
A volte lavorare sui documenti è stato difficile perchè ognuno aveva le proprie esigenze ed i propri motivi per cui alcuni passi dovevano essere cambiati, ma abbiamo sempre cercato di essere onesti e imparziali non risparmiando nessuno delle nostre “accuse”.
Parlare di cosa questa esperienza abbia portato direttamente alla mia persona può sembrare scontato, eppure sento la necessità di parlarne.
Per tutti i detrattori del nostro lavoro, voglio dire che mi sono divertito in questo lavoro, compresi i momenti in cui dovevo spogliare i questionari, che a volte recavano sia risposte divertenti e irriverenti che risposte che davano adito a serie riflessioni.
Inoltre ritengo che esaminare problematicamente una questione “annosa e spinosa” come può essere quella del rapporto stato-chiesa sia un’esperienza da fare nell’arco della vita poichè porta ad una certa maturazione e coscienza dei meccanismi social-burocratici che ci circondano e nel mezzo dei quali viviamo senza esserne coscienti.
Un’altra fase interessante è stata la lettura e la comprensione di testi giuridici che aiuta ad entrare nel complesso meccanismo del linguaggio, della apparente mancanza di chiarezza, dell’estrema articolatezza e dei “doppi sensi”che è  presente nei testi giuridici.
Potrei citare inoltre l’importanza del dialogo e del confronto fra le diverse posizioni di noi studenti basate sulle nostre educazioni e atteggiamenti di vita differenti.
Non ultima va citata l’importanza della lettura di una particolare monografia che ha suscitato in noi diverse emozioni e sensazioni (nel mio caso di disgusto).
Come si può quindi riscontrare il nostro non è un lavoro da “scolaretti” ma un lavoro eseguito con tutto l’impegno possibile, un lavoro che ci ha portato via molte ore e quindi un lavoro che non abbiamo preso come un gioco o un divertimento.
Spero fiduciosamente che anche chiunque stia leggendo questo lavoro abbia un atteggiamento lecito e corretto nei confronti di un lavoro e di uno sforzo che abbiamo svolto non per una qualche gloria ma solo per amore di chiarezza in un mondo che si presenta fin troppo opaco.
 

Tolu Gabriele

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[intervento 18.5.1997 della docente di IRC Russo,
che critica alcuni materiali presentati dal docente Dentoni  in vista del Collegio dei Docenti del 19.5.97,
ma esprime anche alcune valutazioni sul progetto "IRC parliamone: non nuoce alla salute"]




Ai colleghi del Malpighi interessati alla questione dell'IRC

Quando il silenzio può essere interpretato come assenso  o mancanza di argomentazioni diverse da quelle esposte, risulta doveroso parlare.
Mi riferisco alla ampia produzione di scritti del prof. Dentoni sull'IRC e al silenzio (assenza di scritti) che mi ero imposto, per non cadere nella trappola della provocazione e nelle lungaggini delle polemiche.
Espongo perciò ora alcune mie idee e sono disponibile per ulteriori chiarimenti per coloro che volessero saperne di più.

Sulla questione dell'IRC anch'io ritrovo molti limiti nell'attuale legislazione; e rivedo tanti errori lungo il percorso di sviluppo di questa normativa; errori che oggi procurano disagi per la scuola e inadempienze nei confronti dei non avvalentisi.
Non concordo, però, su tante questioni con il prof. Dentoni, e non leggo tutti questi pericoli che egli, più volte, profetizza. Andiamo con ordine:

Compilazione dell'orario scolastico e richiesta di scuse da parte del preside
Non entro in merito alla compilazione di un orario che possa ridurre, il più possibile, i disagi per i non avvalentisi; ma riguardo al "chiedere scusa" penso che questo debba essere fatto, poi, per tutti i disservizi e le inefficienze che i nostri alunni incontrano; vuoi per le inadempienze degli enti responsabili (vedi ad es. la Provincia), vuoi per leggi non chiare che siamo costretti ad applicare. A queste condizioni bisognerebbe quindi approntare un lungo elenco. Se proprio volessimo dimostrarci rammaricati per i disservizi esistenti dovremmo farlo per tutti.

La logica vorrebbe che i disagi siano a carico di chi li crea...
Perché continuare a dire che chi scegli di avvalersi è causa di disagio per gli altri che non si avvalgono? Si presenta come logica un'affermazione che parte da un presupposto che è frutto di convinzione personale. Se l'attuale legislazione della scuola italiana offre, seppure in un contesto pluralista, questo insegnamento, non capisco perché chi se ne avvale debba considerarsi causa di disagi. Perché non ci si è preoccupati di destinare fondi per valorizzare al massimo le possibilità che si presentavano con lo spazio alternativo? Questo, a mio parere, rientra negli errori del percorso legislativo.

Bevi bevi tanto c'è Lines
L'immagine che paragona ai Lines gli alunni che non si avvalgono in quanto costretti a "raccogliere" le conseguenze di coloro che si permettono l'avvalersi, mi lascia senza parole. Come le tante altre esagerazioni del prof. Dentoni che arrivano come provocazioni più che come desiderio di confronto (vedi l'immagine dell'apartheid, le espressioni quali "vigliaccherie"...)

Libertà di insegnamento... autorizzazioni ecclesiastiche sui libri di testo... precaria situazione dei docenti di IRC... preoccupazioni per la dignità di questi ultimi
Rimango sconcertata per queste premurose preoccupazioni del prof. Dentoni, ma non mi ritrovo nelle sue argomentazioni. Credo che l'Irc sia un servizio offerto come valore. Cito il Concordato del 18.2.84: "La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l'insegnamento della religione cattolica ". Nel quadro delle finalità della scuola: quindi non si fa catechesi, come è anche chiaramente espresso nei programmi dell'IRC; ma essendo un insegnamento offerto dalla chiesa cattolica, sembra logico che la proposta per la nomina degli insegnanti venga fatta dall'ordinario diocesano, e lo stesso si dica per l'autorizzazione sui libri di testo.

Il docente di IRC non è libero....  per essere educatori non basta essere liberi ma chi non è libero non può essere educatore....  fedeli interpreti e automatici ripetitori
Che chi vive una fede e dichiara una sua appartenenza religiosa non debba considerarsi persona libera è da dimostrare. E' anche da motivare perché non si possa considerare educatore il docente di IRC, riconosciuto dalla autorità ecclesiastica e nominato dall'autorità scolastica. Si è sollevati dall'incarico se il vescovo accerta "gravi carenze circa la retta dottrina o circa l'abilità pedagogica e il comportamento pubblico e notorio in contrasto con la morale cristiana" (can. 802,5; 805; C.D.C. e Delibera 41 assemblea generale CEI 1986).
I docenti di ogni disciplina possono essere sollevati dall'insegnamento per gravi motivi, e visto che i docenti dell'IRC dipendono da due autorità devono rispondere del loro lavoro a tutti e due.
Ritengo più utile, per una scuola libera, impegnare energie per realizzare sistemi che permettano concrete verifiche perché l'insegnamento sia sempre rispettoso della dignità degli alunni. Non solo per l'IRC, dove il dato religioso deve essere proposto e non imposto, ma in tutte le discipline e le relazioni che possono risultare pseudo-educative all'interno della scuola.

In merito al lavoro: "IRC parliamone: non nuoce alla salute" portato avanti dalla classe V F, mi riservo di fare a voce le mie considerazioni.  Su alcuni contenuti ed alcuni modi di procedere del lavoro avevo già espresso il mio dissenso con uno scritto che è nel materiale degli studenti. Ho ritrovato nel cosiddetto Archivio la risposta del prof. Dentoni in merito.  Come docente avrei potuto continuare e prendere parte al dibattito con altre risposte e riflessioni scritte, ma non posso dedicare troppo tempo allo scrivere. Per questo motivo, in futuro, sarò disponibile a chiarimenti a voce per i colleghi che vorranno confrontarsi sul tema.  Se non ci saranno scritti di risposta, non sarà per mancanza di idee o per consenso, ma perché scelgo di esercitare la mia funzione docente e usare il mio tempo in modo diverso.

18.5.1997

Teresa  Russo

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[intervento 3.9.2000 di Stefania Ruggieri, ex-alunna che ha partecipato al progetto
ed intende difenderlo da critiche recenti, provando a suggerirne un percorso di lettura]



GUIDA ALLA RISPOSTA DELLA DOMANDA “PERCHÉ CE L’HA TANTO CON L’IRC?”

Mi chiamo Stefania Ruggieri ho 22 anni e facevo parte della 5°F ‘96-’97 che intraprese il pro-getto <<IRC parliamone non nuoce alla salute>> del quale titolo tra l’altro rivendico la maternità!
Ho deciso di provare a spiegare ai ragazzi che hanno dato uno sguardo al nostro lavoro quello che fu il nostro punto di vista o per lo meno il mio.

1) Mi rendo conto che prima di poter riflettere sulle aree, dovete capire quale fu il contesto in cui nacque il progetto e per questo vi rimando ai documenti sulla “mina vagante”, vi assicuro che sono brevi e chiari, leggeteli e poi continuate qui.

2) Molti di voi lamentano il linguaggio, che io definirei incisivo e pungente, con cui sono stati scritti i documenti; devo ammettere che un tempo anche in classe ci furono discussioni per cambiare un verbo o un aggettivo perché sentivamo l’esigenza sì di esprimere i nostri pareri ma anche di farlo umilmente senza voler offendere o provocare nessuno. Oggi, in parte, penso ancora che qualche frase sarebbe potuta essere un po’ meno sarcastica se non altro perché così non staremmo oggi a discutere sul linguaggio e i toni e potremmo passare a qualcosa di più concreto: i contenuti.

3) Vi rimando all’area 1 dove potrete conoscere la storia dell’introduzione dell’IRC nella scuola pubblica italiana e tutte le sentenze del TAR che permettono oggi a chi non si avvale di usci-re dalla scuola; leggete e poi continuate.

4) Ora parliamo di quanto sia bella, interessante e importante l’ora d’IRC: mi rendo conto che il docente Dentoni si riferisce all’IRC soprattutto per quanto riguarda il programma ministeriale: voi lo conoscete? [A tal proposito leggete il primo intervento del docente Dentoni sul dibattito attorno al documento Melone]. Ma noi ragazzi, comunque, se dovessimo descrivere quell’ora lo faremmo, probabilmente, così: ”é rilassante perché non siamo sotto pressione con voti ed interrogazioni; parliamo delle tradizioni cattoliche, della Bibbia e del Vangelo; delle tradizioni e delle credenze delle altre religioni, e talvolta dei nostri problemi e di temi di attualità.” Giusto?

Cercherò ora di spiegare cosa c’è che stona: la nostra esperienza ci insegna che molti docenti di religione cattolica fanno si che la loro ora si possa anche chiamare “l’ora di storia delle religioni (compresa la nostra)” o “l’ora di attualità” o altro... ma il fatto é che non é così e non é solo una questione di nome, ci sono istruzioni precise su ciò che loro vi possono dire o non dire: non potranno mai, dopo avervi parlato della castità, di cosa significa, di quanto sia importante, dire “però...” e spiegarvi come si usa un preservativo! Non possono perché andrebbero contro le prescrizioni della chiesa cattolica e vi assicuro che sarebbero immediatamente rimossi dal loro incarico se si venisse a sapere!

Voglio raccontarvi un episodio: in terza liceo, avevo sedici anni, la mia docente d’IRC ci mostrò delle diapositive apparentemente innocue: una coppia appena sposata, una famiglia numerosa... e poi quella di un FETO DI 40 GIORNI.   Non so come descriverlo, so solo che ho l’immagine di ciò che praticamente aveva la forma di un neonato, con le manine, i piedi, il viso...sono rimasta molto impressionata, ma ciò che mi ha fatto più male é che dopo quella foto non ci fu nessuna discussione! Non posso fare a meno di pensare che quella fu un’informazione tesa a farci riflettere sull’aborto ma in un senso unico: “a 40 giorni un feto é praticamente un bambino, quindi aborto=omicidio”.  Questo pensiero può anche essere condivisibile ma non vi sembra giusto che a ragazzi di 16 anni si debbano anche dare informazioni sulla legge esistente, sul perché esista e quali siano state le premesse storiche e sociali della sua nascita, su cosa ne pensino le donne, i medici, ecc..?!

Ora, alla domanda classica che fate al docente Dentoni e indirettamente anche a me: ”Perché ce l’ha tanto con l’IRC?”,  io vi rispondo che spero che i miei nipoti e i miei figli in futuro possano frequentare una scuola pubblica dove la nostra cultura cristiana sia sufficientemente descritta nelle materie quali storia, filosofia, letteratura, storia dell’arte...e in più spero che ci sia un’ora alla settimana gestita da un adulto, magari uno psicologo, magari laico, che dica: “Oggi di che volete parlare? Ok parliamo di anticoncezionali  o di quello che pensate del gay pride...” Non vorreste anche voi qualcuno che avesse perlomeno la libertà di farlo?

Capisco che abbiate bisogno di “collocare” il docente Dentoni entro certi schemi: “comunista, anticlericale..”  Lasciate perdere, non pensate alla persona, ai toni, al linguaggio, andate dritti al punto della questione e capite, riflettete e parlate!  Però vi voglio venire incontro: leggete il punto 12 del secondo intervento del docente Dentoni sul dibattito attorno al documento Melone. (anche se tutto il documento é interessante ed é in risposta alla lettera della docente Russo).

Se avete domande da farmi sono a vostra disposizione.

Stefania Ruggieri

[questo documento è riportato anche nella sezione "feedback", ove appare corredato dalla risposta del docente dentoni]

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Messaggio pervenutomi da ex studentessa Sezione F - 1996-97 (26.09.2000)

Salve,
sono Marica, le invio un file che ho scritto per il sito creato con Massimiliano [Melone] e Stefania [Ruggeri], forse può interessarle: parla di un servizio del TG2 sull'IRC.
A presto, buon lavoro
Marica
 

Salve a tutti,
sono Marica Nobile e scrivo perché disgustata da un servizio trasmesso dal TG2 delle 20:30 il 19 settembre 2000.
Tale servizio prendeva le mosse dalla constatazione che in un liceo di Milano circa il 70% degli studenti non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica (IRC), per proseguire analizzando il fenomeno in Italia e tentare di darne una spiegazione.
Fin qui nulla di male, se non fosse che l’autore del servizio, con l’aiuto delle interviste a tre (TRE!!!) ragazzi, ha sostenuto la tesi che il fenomeno dilaghi in tutta Italia perché gli studenti preferiscono restare a dormire un’ora di più, oppure uscire un’ora prima, o bivaccare gaiamente nel cortile della scuola piuttosto che seguire l’ora di IRC.

Mi sorge un dubbio: forse sono l’unica in Italia ad aver addotto motivazioni diverse per non frequentare l’ora di IRC? Ed ancora, se anche fossi l’unica, non avrei diritto al veder rispettate le motivazioni delle mie scelte e non assimilate a quelle di TRE (!!!) studenti di Milano?

Forse mi sbaglio, forse sono io la pecora nera (o la mosca bianca, ma non mi ci sono mai sentita!) o piuttosto lo è mia madre che, nata e cresciuta in Francia, ha vissuto il multiculturalismo prima di tutti noi italiani, e mi ha sempre insegnato che la scuola pubblica deve essere scuola laica di valori democratici, di libertà e pluralismo.

Non voglio tornare sul perché l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche sia, a mio avviso, poco opportuno (troverete informazioni dettagliate sul mio punto di vista sul sito utenti.tripod.it/francescodentoni nella parte che si occupa del progetto “IRC: parliamone, non nuoce alla salute” ), quello che mi preme in questa sede è sfogare le mia rabbia contro un pregiudizio: quello che associa a coloro che non frequentano l’ora di IRC l’etichetta di non cattolici, oppure di scansafatiche. La sottoscritta, che non ha frequentato l’ora di IRC per l’intero corso delle scuole medie superiori, non si sente di venire etichettata in nessuno dei due modi: perché cattolica (chiedetelo al mio Parroco che mi fa leggere i salmi tutte le domeniche durante la Messa) e per nulla scansafatiche (controllate il mio curriculum di studentessa, di atleta e di artista), e si ritiene offesa dal pregiudizio superficialmente trasmesso al pubblico del TG2.

Scusate il mio sfogo, ma a volte lottare contro i mulini a vento fa sentire meglio!
A presto
                                                                                Marica

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[testo ricostruito a memoria, sulla base di appunti,
dell'intervento del docente di religione cattolica Milli, nel collegio dei docenti del 19.5.1997 del Liceo Malpighi,
nel quale ha di passaggio espresso un giudizio sul documento conclusivo n. 1, in quei giorni pubblicizzato]



"... (a proposito della credibilità educativa della chiesa cattolica: quello che è successo in Argentina non riguarda minimamente la Conferenza episcopale italiana)

... (a proposito della autorizzazione ecclesiastica sui libri di testo: non viola ma rafforza la mia libertà)

... a proposito del lavoro della classe V F sull'IRC, devo esprimere il mio rammarico che per quel lavoro gli studenti abbiano fatto ricorso a fonti [di seconda mano? inaffidabili?] come Adista; invece se avevano bisogno di informazioni potevano benissimo rivolgersi a noi [da intendersi come noi docenti di IRC], e avremmo messo a disposizione i documenti della Conferenza Episcopale Italiana."

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[risposta del docente Dentoni alle critiche espresse dal docente Milli in Collegio dei Docenti sul lavoro della V F "I.R.C., parliamone: non nuoce alla salute". Lettera pubblica scritta e inoltrata il 1.7.1997]



NIENTE MESSAGGI IN CODICE, PLEASE

Caro Milli, se ti sei per qualche motivo sentito chiamato in causa dalla divulgazione del documento conclusivo n. 1 del progetto della V F "I.R.C.: parliamone, non nuoce alla salute", sei ovviamente liberissimo di dire tutto quello che pensi. Ma mi pare evidente che, da buon educatore, non puoi illuderti di poter tirare il sasso e poi nascondere la mano. Non mi sembrerebbe né civile né cristiano.

Hai cercato di spendere la tua autorevolezza e la tua credibilità all'interno del Collegio dei Docenti per inquinare la credibilità di un lavoro fatto nella V F, mandando un messaggio in codice di cui i presenti non hanno capito nulla (hai citato Adista, e cosa sia, non lo sa nessuno), se non questo: "cosa sporca quel lavoro è".

Premesso che a me di Adista non me ne importa proprio niente; premesso, per chi legge e non sa, che Adista è una agenzia di stampa che raccoglie e pubblica documentazione sul mondo religioso italiano e internazionale, e quindi non produce niente, ma si limita a riprodurre, e quindi la credibilità di Adista è quella delle fonti che riporta, sono andato poi a rivedere il documento conclusivo n. 1 ed ho visto che:
a) Adista compare nella nota 24, come fonte del fatto che nel 1996 il bilancio di previsione dello stato al cap. 1029 prevedeva 550 miliardi (senza contare gli oneri previdenziali, pensionistici ecc.) per pagare gli insegnanti di religione cattolica. Forse tu ritieni che quella cifra non sia vera? Hai delle cifre difformi? Lo Stato ha speso di più? di meno? Se c'è una differenza che supera i 50 miliardi, diventa significativa: faccelo sapere. Che ci costa dire che la fonte è sbagliata? Tanto più che l'impianto di quel documento non sente neanche il solletico, dovessimo pure dimezzare o raddoppiare quella cifra. Io poi, non sono uno che le manda a dire: e se tu dimostri che hanno pubblicato una notizia sbagliata, carpendo la pubblica buona fede, una letteraccia da parte mia non gliela toglie nessuno. Ci sarebbe anche da capire come farebbe la Conferenza episcopale ad avere informazioni più precise della fonte là citata, e cioè il capitolo 1029 del bilancio dello stato: almeno per ora, il bilancio dello stato non lo scrive la conferenza episcopale italiana!
b) Adista compare inoltre alla nota 34 come fonte del fatto che quest'anno i vescovi, in prossimità delle pre-iscrizioni scolastiche di gennaio, hanno mandato in giro ai presidi una lettera con la quale invitavano a rinnovare automaticamente le scelte sull'IRC negli anni successivi al primo, senza presentare di nuovo a studenti e genitori la possibilità di scelta. Non è successo? Se sei in grado di affermare sotto la tua responsabilità che ciò non è avvenuto, ovvero (ancor meglio), puoi produrre una dichiarazione firmata di un responsabile della Cei che ciò non è avvenuto, sarò lieto di aggiungerlo alla documentazione del nostro lavoro, denunciando pubblicamente le fandonie pubblicate da Adista; se però le tue (o quelle dei Cei) dichiarazioni si riveleranno false, sarete voi ad essere pubblicamente accusati di menzogna.

Nessuno ti aveva chiamato in causa: ma siccome hai pensato di intervenire, non ti lascerò, per la dignità tua e di questa scuola (che è luogo di cultura e non di avvertimenti omertosi), con le parole metà dette e metà no.  Se non spiegherai bene a noi tutti  quali sono le informazioni false che la V F avrebbe scritto in quel documento utilizzando come fonte Adista, e quali sono invece le informazioni corrette, io dirò pubblicamente (come pubblicamente tu ti sei espresso nella sede forse la più prestigiosa di questo istituto) che hai mentito, e aggiungerò come mia interpretazione che lo hai fatto in difesa di interessi meschini: perché nessun interesse elevato può trarre vantaggio dalle menzogne. E mi sembra, fra l'altro, che gratuita maldicenza e intenzionale menzogna non siano conformi alla morale cristiana.

Voglio da ultimo osservare come da questa vicenda vengono confermate due mie tesi:
1) la chiesa cattolica ha la pretesa che a parlare dei cattolici siano solo i cattolici (pretesa demenziale: come se solo i leghisti potessero parlare dei leghisti; solo i magistrati dei magistrati; solo gli americani degli USA, ecc.)
2) i cattolici sono disposti a accogliere come interlocutori solamente coloro che danno garanzie preliminari di non metterli in questione, e di trattarli con deferente ossequio; e nella misura che questo è vero, i cattolici non sono affidabili né dal punto di vista logico-scientifico (perché in tal modo risultano popperianamente infalsificabili per definizione), né dal punto di vista educativo (perché giudicare in base all'involucro invece che al contenuto è il contrario di ciò che si chiama cultura), né dal punto di vista democratico (perché si pensano come privilegiati ai quali tutti si debbano inchinare).

E per non lasciare che si dica che parlo in astratto, preciso che altre conferme concrete a queste mie due tesi, ognuno le potrà chiaramente riconoscere, secondo me, fra i materiali che la docente Russo (certamente rappresentativa degli atteggiamenti cattolici) ha prodotto all'interno o a margine del lavoro "IRC parliamone, non nuoce alla salute", che allego in dischetto come omaggio, e in riparazione del tempo che ti ho fatto perdere per leggere fino a questo punto.

Buon lavoro

Roma 1.7.1997
Francesco Dentoni - docente nel Liceo Malpighi

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