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I.R.C. parliamone: non nuoce alla salute
Annessi e note al documento conclusivo n.2: Storia e Diritto
Solo la riflessione 2.1.2.3. è totalmente riferita a dottrine giuridiche professate nel mondo cattolico sulla laicità dello stato
Va precisato che si tratta di concezioni in buona misura slegate e alternative fra di loro. Non è possibile, ad esempio, fare corrispondere il cristianesimo con ciascuna di tali risposte. Ma ogni lettore, a seconda della sua sensibilità, troverà che almeno un paio di queste definizioni di religione si possono adattare al cristianesimo
Riflessione 2.1.1.3 approvata con votazione separata: presenti e votanti 16, a favore 11, contro 4, bianche 1.
Fin che i credenti parlano
fra loro, la validità che attribuiscono e che pretendono per i propri
discorsi, è un problema interno loro
Se così non fosse (cioè se per principio tutte le affermazioni a proposito di argomenti sui quali non vi è unanime consenso avessero lo stesso valore), allora ogni ipotesi, anche la più assurda, sarebbe in linea di principio equivalente ad ogni altra: ad esempio la più strampalata teoria sull'origine dell'universo varrebbe in linea di principio quanto l'opinione di un astrofisico; e non pare che ad esempio un cristiano sia disposto a concedere che le più sconclusionate teorie di qualche setta demoniaca siano in linea di principio da mettere sullo stesso piano delle venerande (per consenso, tradizione, lunga riflessione) affermazioni della teologia cristiana.
Per semplificare (sia pure usando delle espressioni vecchiotte e superate): di fronte al problema "esistenza di Dio", non vi è iniziale equivalenza, quasi che il non credente debba dimostrare che "Dio non esiste", alla pari del credente che deve dimostrare che "Dio esiste" (problematica medievale: oggi nessuno porrebbe i problemi in modo così rozzo). Ma almeno questo ci insegna il Medioevo: che sono stati i credenti ad assumersi l'onere di dimostrare che Dio esiste: e pare logico. Insomma, il credente, quando parla della propria fede al non credente, deve rendersi conto che sul piano della comunicazione la sua posizione è delicata e difficile, e non può pretendere che per principio le sue affermazioni siano valutate, da chi ascolta, alla pari di quelle del non credente.
Questo va detto per controbilanciare
anche una concezione opposta, non del tutto infondata, che rimprovera a
molte religioni il fatto di riversare le energie umane al di fuori della
storia, disinteressandosi dei problemi concreti e reali dell'umanità
Su questo tema avevamo in programma una intera area (Area Pedagogia), in vista della quale, per ragioni di tempo, disponiamo solo di alcuni materiali preparatori.
Riflessione 2.1.1.5 approvata con votazione separata: presenti e votanti 16, a favore 10, contro 5, bianche 1.
"Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi ... sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore": questa è la celebre apertura del più significativo documento del Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, su Chiesa e mondo contemporaneo, 7.12.1965) ove appariva la disponibilità della chiesa cattolica a porsi a fianco dell'umanità, e in ricerca assieme essa, anziché al di sopra, quasi irridendo in una specie di rivalsa le incertezze dell'umanità. Questo documento lo si può considerare il punto più avanzato dell'avvicinamento fra pensiero cattolico e mondo contemporaneo. Dopo questa specie di "primavera", il mondo cattolico è progressivamente scivolato in quella che giocando sui termini storiografici può essere chiamata "normalizzazione", o "restaurazione", o "controriforma"
Oggi infatti si sta introducendo uno strano pseudo-ragionamento (ragionamento certo non rappresentativo di tutto il mondo cattolico di oggi, e anzi più diffuso negli ambiti favorevoli al paranormale, al parascientifico e all'occulto), secondo cui le affermazioni del credente sono superiori a quelle del non credente, proprio perché derivanti dalla fede. Questo pseudo-ragionamento può essere così formalizzato: "sei tu in grado di affermare con assoluta certezza che le cose non stanno come dico io credente?"; e siccome ogni persona sensata di questo secolo sa bene che di certezze assolute non ce ne sono, tanto meno quando ci si allontana dalla concreta esperienza, risponde: "no, non posso affermarlo con assoluta certezza"; "Vedi, poverino? Ebbene: io dico che le cose stanno così, ed ho certamente ragione, perché tu stesso mi hai ammesso di non essere capace di dimostrare il contrario!" Il che sarebbe come dire: "Ci vedi?" "No, sono non vedente" "Ah sì!? Allora invece io ci vedo, e tu se puoi, dimostra il contario" (ma chi dice che non sia cieco anche lui, e che stia bleffando, solo perché l'altro è stato così onesto da dirgli che è cieco?). Ovvero è come se fossimo in un tunnel completamente buio ed uno mi dicesse: "tu vedi qualcosa?" "No, non vedo nulla." "Buono a sapersi. Qui a sinistra io vedo una statua, a destra c'è un albero, davanti una fontana. E dimostrami, se puoi, che non è vero quello che dico. Tanto più che qualcosa dovrà pur esservi, no!?, al di là del buio. E quindi in ogni caso è più valida la mia affermazione rispetto a chi non sa dire nulla su ciò che sta oltre il buio!" Ma con un simile modo di pensare, avremmo il paradosso che chi più le spara grosse (cioè al di là della ragionevole verificabilità umana), più ha ragione. E questo non è serio.
Tommaso d'Aquino rappresenta la classica tesi della autonomia della ragione, della filosofia e della politica all'interno dei rispettivi ambiti, sia pure (co-)ordinate alla fede: in analogia con lo schema aristotelico del rapporto di coordinazione-distinzione fra metafisica (o filosofia prima) e scienza (o filosofia seconda). Quanto alla modernità, la sua essenza consiste proprio nella autonomia dell'uomo, non necessariamente totale (questo è l'ateismo), ma certamente quando sono in gioco valori umani e profani
Dignitatis humanae,
approvato il 7.12.1965 (con 2308 voti a favore, 70 contrari e 8 nulli)
dal Concilio Vaticano II. In Pio XII [1939-1958] troviamo ancora la dottrina
che la libertà può essere garantita solo per la verità,
non per l'errore
Costituzione art. 8 comma 1
Costituzione art. 8 comma 2; per la chiesa cattolica vale invece l'art. 7 comma 1. Il che significa, in teoria, che la chiesa cattolica potrebbe organizzarsi secondo forme contrarie all'ordinamento giuridico italiano, e lo stato dovrebbe lasciar fare. Ma non solo in teoria: anche di fatto; ad esempio: in Italia vige il principio della parità assoluta uomo-donna, e nessuna associazione otterrebbe riconoscimento giuridico dallo stato se professasse la discriminazione tra uomo e donna; la chiesa cattolica (con la subordinazione agli uomini delle donne, le quali per principio non potranno mai essere poste in responsabilità di reggere la chiesa), a rigore, non avrebbe le carte in regola per essere riconosciuta dall'ordinamento giuridico italiano, e invece ne riceve finanziamenti ingenti, oltre che uno statuto giuridico assolutamente unico
Diremmo un mini-concordato non da pari a pari con lo Stato
Sentenza 2203/89, G.U. 1 Serie speciale, 19.4.89 p. 57
L. 121/85 art. 9
Comunque si noterà che nella L. 121/85 si parla del valore non della religione, bensì della cultura religiosa, per cui forse il valore della cultura religiosa sta più nel fatto di essere cultura (sostantivo) che nel fatto di essere religiosa (aggettivo)
La raccolta di saggi alla quale facciamo riferimento è la seguente: Giuseppe Dalla Torre, Il primato della coscienza: Laicità e libertà nell'esperienza giuridica contemporanea, Studium, Roma, 1992
Dalla Torre, opera citata, pp. 73-99
Dalla Torre, opera citata, pp. 35-72
Dalla Torre, opera citata, pp. 16-34
Dalla Torre, opera citata, pp. 185-189
Ragionando in termini odierni, non si capisce perché il papa non possa essere suddito di uno stato, ed un comune cristiano sì, quasi che il papa debba avere più garanzie di libertà rispetto ad ogni altro cittadino e ad ogni altro credente: è come se un sindacalista avesse il privilegio di non essere licenziabile: ma sarà mai credibile come sindacalista, nel difendere il posto di lavoro altrui, quando lui è già al sicuro? (non è una ipotesi astratta: sotto il fascismo, la chiesa cattolica ha protestato se venivano violati i propri diritti [si veda il conflitto a proposito della Azione Cattolica], ma non ha detto una parola quando venivano violati i diritti di tutti gli altri, ad esempio tutti i partiti politici messi fuori legge).
La cosa diventa più chiara, invece, se la leggiamo alla luce del sogno ancora vivo di una cristianità medievale, nella quale i cristiani siano soggetti solo ad un potere politico che dipenda a sua volta dal potere supremo della chiesa cattolica: in questa ottica sì che è essenziale che nessun potere sia superiore a quello del capo della chiesa. Ricordate il dibattito sui due soli, sul sole e la luna, sulle due spade, di dantesca memoria? sembravano discorsi da medioevo, ma abbiamo scoperto che sono ancora questioni aperte! C'è qualcuno, nel mondo cattolico italiano, che non considera del tutto morto il Medioevo politico
Paragrafo 2.1.2.3.4. approvato con votazione separata: presenti e votanti 16, a favore 13, contro 2, bianche 1.
Se lo stato finanzia un convegno sulle medicine alternative, o sull'arte pop, non significa che prenda posizione ideologica contro la medicina ufficiale o che proclami l'arte pop arte ufficiale di stato. Certo, sponsorizzazioni ideologiche occulte possono verificarsi: ed è un problema di prassi politica, e di controllo democratico
Nessuno di noi è cieco,
e sappiamo tutti che una millenaria tradizione ha visto e vede nella religione
uno dei principali strumenti di potere, perché curvando la schiena
dell'uomo davanti a Dio, la religione allena il suddito a curvare la schiena
anche davanti all'autorità politica (lo diciamo dal punto di vista
del governante machiavellico). Che la religione possa produrre un effetto
opposto, e cioè che in nome della obbedienza a Dio si possa disobbedire
all'autorità, è un fatto teoricamente ben possibile, ma storicamente
così raro (almeno da Costantino in poi, pensando alla nostra cultura
occidentale), che non costituisce un vero rischio. Ma noi qui stiamo parlando
di principi, non di storia, per cui continuiamo a ipotizzare motivi di
principio per i quali uno stato laico come il nostro finanzia le religioni.
Ci piacerebbe però che chi pensa alla religione come a uno strumento
di consenso al potere, lo dicesse apertamente, per poterlo discutere in
chiave teorica; ma nessuno, ci rendiamo conto, è così ingenuo,
e così onesto, da fare apertamente un discorso del genere
Qui vi è un nodo nascosto ma di grande rilevanza. Per stare al nostro paese, i cattolici avanzano inconsciamente due pretese contraddittorie: da un lato vogliono essere finanziati in quanto è la religione come tale che deve essere finanziata, e sentono come offensiva la richiesta di spiegare in che cosa (=per quali contenuti) la loro religione è talmente valida da meritare i finanziamenti dello stato; ma d'altra parte essi pretendono per sé un trattamento che fa riferimento al fatto che la loro religione sarebbe più valida (=come contenuti) delle altre (certo non ammetterebbero al contributo statale il satanismo, che pure è una religione, ma che non va finanziata perché ha dei contenuti non validi)
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